giovedì 31 dicembre 2009

Distanze

Non è che sia questione di essere originali o meno. Si fa semplicemente fatica a fare diverso. Ogni anno, a fine dicembre sale sta mania di tirare le somme e ogni dieci anni la mania becca il jackpot, o il géppot, come si definirebbe in questa sede di estremisti della bellalingua.
Ci pensavo in seggiovia verso la cima della Paganella, dove avrei visto la parte fallica del Garda, Trento, il collo dell’utero dell'Alto Adige e su fino alla parte alta della Val di Non, il tutto in 10 minuti, dall’alto. Ci sono tornato a Treviso, in aeroporto, mentre scontavo la terza di sette ore e mezza di ritardo. L’ho sognicchiato stamattina, nella fase postREM, sotto la nuova cornetta della doccia.
A questo, pensavo: a cosa facevo dieci anni fa. E il fatto è che è solo a forza di pensarci che dieci anni fa comincia a non sembrare ieri.
Dieci anni fa il secondo DVD della storia della mia vita era appena - ma comunque già - cominciato. Fuori sede, con sempre meno voglia di tornare alla sede- Abitavo a Meldola, un posto molto più in provincia del mio paese in Val di Non, ma pazienza, era esotico e ci era nato Zaccheroni, che un paio di mesi prima ci aveva portato lo scudetto più divertente degli ultimi vent’anni.
Preferivo il coinquilinaggio alla famiglia e mi ero pure trovato la morosa. La prima, ché non sono mai stato profeta in patria. Anzi, era lo scopo pricipale per il quale l’avevo lasciata, la Valle.
Il capodanno del duemila lo avevo passato a Rimini, nella stessa piazza dove lo aveva passato Piero Pelù, che era appena uscito dal gruppo. Pare ieri, non fosse che ascoltavo Emerson, Lake & Palmer e avevo quasi smesso di leggere libri.
Gli ultimi libri, me li ricordo, erano stati 1984 e The Lost Continent, il mio primo libro in inglese. Poi solo roba per l’università, tranne la sera, prima di andare a letto, L’America perduta, di Bill Bryson, che poi mi sarebbe venuto comodo nel secondo semestre. Gli ultimi dischi “In the Court of the Crimson King”, regalo per la nuova morosa, che se ci penso ancora rido, per quanto poco era azzeccato, “The Piper at the Gates of Dawn” e “Pablo Honey”, solo perché i Radiohead erano la colonna sonora dell’università e virtualmente sconosciuti nella mia verde valle, e mi ero appena copiato David Bowie e i Cure per lo stesso motivo. Tutto roba che poi ho ascoltato poco, tranne magari il pifferaio alle porte dell’alba e Paolo Mieli.
Pare ieri ed è quello il problema. Perché sono arrivato al punto da pensare che in fondo, dieci anni, cosa vuoi che siano. E poi ci penso ancora e mi viene in mente che fra altrettanti anni, quelli dalla mia nascita saranno quaranta. Anzi, peggio, se sottraggo gli anni che ho vissuto dal mio anno di nascita arrivo al 1950, e questo fa paura, perché 50 e 80 sembrano distanti anni luce, invece sono là, solo lo spazio della mia vita. Per dire, la distanza fra Volare e London Calling è la stessa che passa fra i Joy Division e gli Editors. Fra l’Uruguay che vince i mondiali (Pelè è un bambino, Puskas sta esordendo con l’Honved) e Zoff sono distanti quanto Paolo Rossi premondiale e Balotelli.
Sono cose che fanno pensare. A classifiche idiote, ma fanno pensare.

Nessun commento: