mercoledì 26 dicembre 2012

Madreffiglio



Alla fine si fa vivo anche il Franz. E pensare che non è uno che si manifesta spesso, lui, con tutti i suoi impegni. 

Sarà che è figlio della D., arbitro e smistatrice di tutte le chiacchiere e le novità del paese. E per mantenersi al corrente è importante avere un piede in tutte le iniziative locali, dalla Pro Loco alla filodrammatica. O almeno che il piede ce lo metta un famigliare.

Quando in paese c’è il mercato, la D. è al centro della piazza, di fronte al tipo del pollo allo spiedo. Anzi, un po’ più in basso, perché non è proprio un gigante: più un piccolo vigile che dirige il movimento di gente con un sorriso di denti grandi e quadrati. Ha anche la gestualità del vigile, mentre si sbraccia per attirare l’attenzione del Bepi o del Toni di turno. Ma le vogliamo bene, alla D., perché le sue chiacchiere sono prive di malizia, mai esagerate. E non è facile trovare una pettegola con l’etica di una giornalista, anche perché in un posto piccolo, le novità, spesso te le devi inventare. La D. no, lei riesce a trovarle anche dove non ci sono, senza troppa fantasia, in un’operazione di rivalorizzazione del patrimonio orale che richiede impegno, costanza e, non ultimo, il supporto della famiglia.

Ecco, il Franz è un ottimo supporto. Meno chiacchierone di sua madre, ma altrettanto attivo. Riveste le due cariche più importanti alle quali possa ambire un ragazzo valligiano, quelle che ti consentono di convogliare su di te l’attenzione del gentil sesso: gioca nella squadra locale e suona in uno dei gruppi più famosi della Valle. Non solo, ma il Franz è sia attaccante che chitarrista solista. Considerando anche che non ha un aspetto sgradevole, rimangono misteriose le ragioni del suo scarso successo con le donne. Ognuno si è fatto una teoria: la mia dice che è perché l’è massa bon: è troppo buono. Non per niente lo si chiama “il buon Franz”.

Talmente buono che gli si perdonano un sacco di cose. Perché il Franz non è un uomo perfetto. Cioè sì, suona gli assoli e segna per noi, ma ha anche un paio di vistosi difetti. Tipo che non ti ascolta. Ti chiede come stai, ma alla prima sillaba che emetti, ti dice come sta lui. Noi sorridiamo, e pensiamo “ah, il buon Franz”. Ma al Franz queste cose gliele perdoni. Un po’ perché da uno con le sue credenziali ti aspetteresti di peggio in quanto a modestia, un po’ perché la cosa non l’ha certo aiutato a rimorchiare.

E dopo due spritz a testa, finisce che so tutto della sua casa nuova e del suo lavoro. E mi fa perfino piacere di risparmiarmi di ripetere la lista dei posti dove sono stato. E forse anche questo è uno dei poteri del Franz, con quel sorriso con sotto la moschetta: ti fa scoprire gli aspetti positivi della quotidianità. E secondo me lo fa apposta, perché è proprio un buon Franz.

venerdì 14 dicembre 2012

Questioni famigliari



Intanto a casa procede l’intrattenimento. I miei nonni non sono ancora ringiovaniti e mia madre amplifica ogni loro capriccio senile. Serve anche per creare una linea narrativa in una vita altrimenti troppo placida. Io sono qui, in una pausa pubblicitaria esistenziale, ma loro sono su di un altro canale, diciamo Sky Vita Reale, e una vita ambientata nella Valley of Don’t a volte prende trame che faticano a decollare.

Per fortuna c’è mia zia Fulmy, quella che a Londra bazzicava i Clash. Si è trasferita dai miei nonni, un po’ per accudirli, e un bel po’ per farsi accudire. Stufa di lucanica e iogurt, ha deciso che se i nonni avevano una badante, la cosa poteva avere risvolti positivi anche per la sua situazione. Solo che la badante si rifiutava di prepararle da mangiare. Il che, combinato con la tolleranza che può avere una coppia di ottantaseienni che vede la sua salda quotidianità frantumata da una giovane – peraltro  straniera – non può che condurre all’inevitabile. Nessuna badante può resistere alla potenza combinata di mia nonna Lina e della Fulmy. Potenza e pazzia: è come un duumvirato che dà ordini discordanti, salvo liquidarti se non ne segui uno. 

La povera ragazza rumena è durata una settimana, né più né meno delle due che le sono succedute. Così ora i miei nonni hanno riacquistato la loro indipendenza perduta. Mia nonna usa la ramazza come un coltellino svizzero: un'estremità per pulire i pavimenti, l’altra per avere ragione del povero nonno. Mio nonno ricerca la libertà in campagna, e ora può farlo di nuovo, dopo esser riuscito a rinnovare la patente. 

Un rinnovo che mi ha convinto dell’esistenza e della piena operatività di Padre Pio, da sempre presente in forma adesiva sul cruscotto della Panda del nonno, visto che, a causa di una cataratta che resiste a qualsiasi operazione, mio nonno Marino ci vede doppio. Ci sarà da divertirsi, ad accudire nonni e zii: questa è l’unica sicurezza in tempi di crisi. Quanto a me, chissà che come badante non abbia futuro.

martedì 11 dicembre 2012

Tornare



Tutti mi dicono che è cambiato tutto, non vedi? E invece in un anno e mezzo mi pare che non sia cambiato niente. I miei non sembrano invecchiati, evito lo shock, e siccome lo shock l’avevo messo da conto è quasi uno shock non provarlo. 

Cambia solo che, dopo un anno e mezzo con una maniaca dell’organizzazione, capita che i miei decidano di lasciare Malpensa per raggiungere il Lago di Como senza mappe. Capita questo, e capita anche di parcheggiare in riva al lago e scoprire per caso che è il Lago Maggiore. A passare tutto sto tempo con un’unica persona, viene naturale presumere che tutti siano come lei. 

Comunque è bello, il Lago Maggiore. Sembra quasi Lake Wanaka, solo con gli eremi al posto delle case degli Hobbit. Piuttosto emblematico.


E poi si torna a casa, qui nel Tennessee (TN). Il viaggio in autostrada serve come briefing, per imparare nati, morti e sposati del paese, strumenti fondamentali per l’interazione a livello locale. Quando arrivo sono preparato, so che devo chiedere al Franz come va con la casa nuova e a mia cugina come sta la bimba. Loro lo apprezzeranno, e in cambio mi chiederanno come è andato il viaggio.

Questa stanca, vecchia Italia è per me una ventata d’aria fresca, metaforicamente e meteorologicamente. Scopro di aver bisogno di una pausa dalla mentalità anglosassone. Tipo che quando al bar vedo qualcuno che rifiuta una birra per prendersi un chinotto gli sorrido. E lui non sa perché, ma io invece sì, non credere sia per simpatia, amico, è solo perché nell’Anglosassonia, se prendi qualcosa di analcolico, vuol dire che sei una mezza checca. Al punto che io, che mi autoeleggo Bastian Contrario per antonomasia, per fare diverso mi sarò ubriacato forse una volta in un anno e mezzo. 

Sono così stufo del mondo anglosassone che quando vedo la faccia rubizza di Wayne Rooney su Sky, un conato mi fa cambiar canale. Per qualche giorno, mi nutrirò solo di Serie A.

mercoledì 5 dicembre 2012

Sospeso



È un po’ come trapassare in un’altra vita. Ci sono tutte ste cose che cambiano: che passi dall’estate all’inverno, dai giorni lunghi alle notti pomeridiane, dai letti sfatti al piumone che conosci da sempre. 

Per sintonizzarti hai due giorni d’aereo, sospeso fra il Qua e il Là, il Questo e il Quello,  la Vera Vita e la Vita Reale. 

È come un fuorionda, libero da convenzioni di spazio e tempo. Perché c’è solo notte e giorno, e decidi tu se sono le sei di mattina come alla partenza, o del pomeriggio come all’arrivo. E se guardi dal finestrino vedi una pianura che forse è l’India, e forse è il Kazakistan, o magari addirittura la Birmania. Non sono mai stato in India, ma forse l’ho vista dall’aereo. Dal finestrino, credo di aver scorto l’Everest. E ora come faccio con l’applicazione di TripAdvisor su Facebook? Segno che l’Everest l’ho visto o no?