In verità, in verità vi dico che per me Facebook è una cosa straordinaria (questioni di privacy a
parte).
Per dire, fra una settimana parto per il Sudafrica. Là
incontrerò un amico d’Erasmus che avevo perso di vista prima di Facebook e che
ora incontro almeno una volta all’anno, e anche Claudia, che ho incontrato su questo
bugigattolo qui, ma che ora conosco meglio anche tramite Facebook.
Questo basterebbe già da solo, ma non è tutto. Per uno che
ha vissuto in una serie di paesi diversi, più un’Erasmus e contatti in giro per
il mondo, Facebook è utilissimo. Ora tu vieni a dirmi che sono amicizie superficiali
e io ribatto e allora? Chissà che
quell’amicizia superficiale, approfondendola un po’ non diventi un’amicizia
vera. In via precauzionale, basta
ricordarsi di chiamarli “contatti” e non amici.
E poi per uno come me, affetto da prosopagnosia,
ma con un’ottima memoria per nomi e cognomi (non nomi soli, ma solo associati al
cognome), vuoi mettere riuscire a capire finalmente chi è chi fra il repertorio
di facce di compaesani che hai in mente vagamente?
Secondo me, chi ce l’ha
con Facebook, semplicemente non ne sa usare le funzionalità:
1)
Funzionalità
ignora. Se ti dà fastidio quello che usa il suo profilo solo per
lamentarsi, o peggio ancora per ribadire che solo i vegani meritano di vivere,
basta toglierlo dai contatti, o almeno scegliere “ignora”. Ho migliorato il mio
profilo ignorando circa un quarto di tutti i contatti, fra gli amici di Gesù, i
leghisti, gli antifascisti militanti, i grillini intolleranti., quelli che
usano il profilo solo per dichiarare amore all’amata, i postatori compulsivi di
neonati, quelli che fotografano i cibi più stomachevoli (chissà perché, il cibo
fotografato su Facebook di solito mi disgusta), i catenacciari di Sant Antonio
e l’esercito del self.
2)
Farsi
piacere cose belle. Su Facebook si trovano un sacco di cose utili. Ad
esempio le notizie di Internazionale, ben scelte e sempre interessanti. Valgono
il like già da soli gli articoli che scrivono dopo ogni seduta del parlamento,
nei quali si riassume concretamente cosa è stato approvato, senza riportare dichiarazioni
di politici. Già questo da solo vale l’account. Se poi ci metti tutti i
contatti musicali che mi fanno rimettere in pari dopo anni di disinteresse (la
rivista americana Under the Radar è fantastica). E i programmi radio che scopro
in podcast perché alcuni amici fidati ci sono fan su Facebook. Insomma, esercitandosi
nell’arte del like selettivo, Facebook può essere utilissimo.
E non solo. Chi si lamenta di Facebook è spesso chi lo usa
peggio. Tipo una Cara Amica, che aggiorna lo stato ogni venti minuti e ci tiene
informati su tempo, salute dei figli, successi dei figli, voti dei figli, umore
ballerino – tanto che non è difficile dedurre i suoi giorni in rosso,
soprattutto per chi come me la conosce per esserci stato un po’ insieme tanti ma
tanti anni fa. L’altro giorno, la Cara Amica si lamentava di chi per strada le
chiedeva come andava la salute dopo aver letto di certi fattacci su Facebook.
Cara Amica, volevo scriverle, se tu
scrivi che stai male su Facebook, poi può darsi che la gente lo sappia,
magari senza immaginare che tu preferiresti di no.
Questo è il vero limite di Facebook: devi sempre tenere
presente che quello che scrivi poi la gente magari lo legge.