domenica 9 agosto 2009

Vorrei leggere come magno

Nel centro di Amsterdàm c’è piazza Spui e a volte ci sono io che faccio il giro delle librerie.

Allo Spui c’è l’American Bookshop, con quattro piani di libri fotografici, riviste, tutte le guide turistiche esistenti, una parete intera di romanzi da mezzi pubblici e un piano di narrativa in edizione tascabile, tascabile ma nobile.
All’altro angolo c’è la concorrenza, che è Waterstone, libreria inglese, con saggi, sport, viaggi, rosa, design e lo stanzone panoramico con poltroncine per sfogliare le Taschen nell’ambientino che fa per loro.
Là di fronte, alla libreria universitaria, offrono saggi molto specialistici, che ti fanno venir voglia di essere ogni volta architetto, politologo, sociologo. Il tutto in un palazzino in stile De Stijl.

Le giro tutte e non compro niente. Appunti mentali e torno a casa. Con internet non si compete.

Fare il giro delle librerie è come levarsi di torno per un po’, trovare spunti, scoprire argomenti che non sapevi che ti interessassero, ti capita in mano il sapore del tuo prossimo mese, esci da te stesso per una mezz’oretta. Insomma, tutta roba che altri ottengono facendo yoga o buttando giù sostanze poco biologiche. È una cosa che ho imparato su in Irlanda, le domeniche grigionere a rifugiarmi da Charlie Byrne’s, che a volte uno crede sia stato concepito all’uopo.

Questi spunti sono meccanismi che si innestano per caso, secondo criteri censurabili, perché di solito i libri che capitano in mano sono quelli con le copertine più belle, e secondo percorsi ricorrenti, viaggi-saggi-sport-romanzi solo T, ché a forza di cercare Theroux e Thompson, quelli li conosco tutti e gli altri molto meno.

Ma la cosa che mi blocca è l’anglocentrismo. In tutti questi negozi la maggior parte dei libri in vendita sono in inglese e mentre entrando in una libreria italiana si trovano traduzioni di ogni genere, nel regno anglosassone vige l’autarchia. Librerie grandi il doppio delle Feltrinelli più monumentali, dove quasi tutto è opera di gente che parla inglese.

E qui vale il principio dello sciroppo Fabbri, che se lo allunghi troppo poi non sa più di niente.

Nella saggistica il dominio anglofono è assoluto. Fra la narrativa si trovano un paio di eccezioni. Gli autori italiani di solito sono Eco, i Wu Ming/Luther Blissett, che sono diventati popolari in Inghilterra come curiosità da trasmissioni sportive, un Saviano sempre in offerta, il Milione e il Decamerone. Manco Primo Levi.

Così l’altro giorno ho fatto una lista degli spunti e mi sono accorto di quanto le mie frequentazioni domenicali stessero anglificando il mio panorama. T.C. Boyle, Philip Roth, Eggers, Salinger, un Fante digerito male, Franzen, Redmond O’Hanlon, Hornby che è come un ragazzino che guarda Friends ma è sempre divertente da leggere, Coe, Zadie Smith, Kureishi, Safran Foer.

Parlando di musica, ho sempre teorizzato che il predominio angloamericano derivi dalla lingua. Le scimmie artiche e gli Oasis ci sono in tutto il mondo. E chi ha detto che la versione inglese sia la migliore? E allora capace che convenga allargare la banda e andare ad ascoltare un po’ da un'altra parte.

Lo dico perché ho come l’impressione che il discorso valga anche per i libri.

Ora, siccome nelle intenzioni sarei un uomo di azione e siccome culturalmente tifo Europa, starei cercando di leggere meno inglese.

È che è dura. L’altro giorno mi sono sfogliato il sito della Minimum Fax e ho scoperto che anche là è tutto angloamericano. In italiano, ma è angloamericano.

E allora la ricerca continua, accetto consigli, basta che nessuno muoia di morte innaturale e non ci siano di mezzo assassini e commissari. Intanto il prossimo mi sa che parlerà ancora inglese.

2 commenti:

Streetand ha detto...

Ola, gostei muito de seu blog, sou do brasil também tenho o blog que fala mas de humor,
ate mas breve, Muito grato.

Alisson Ferreira
Site: www.streetand.com.br

Anonimo ha detto...

che bello, avere di questi problemi...qui ci sono tre librerie, piccole piccole, e hanno solo libri in tedesco (a parte un piccolo scaffalino dove ci sono libri "in tutte le lingue"...3 in inglese, 3 in francese, u paio di russi e la tamaro, di solito). E chiude alle 16 puntuali del sabato. Che contrappasso!! Ma cosa avró fatto di male, nella mia vita precedente??

Vorrei consigliarti dei libri, ma ho dei problemi con la definizione di "morte innaturale"...

Comunque, "La vita agra" di Luciano Bianciardi a me ha cambiato la vita. Concretamente, intendo. Peró lui é morto alcolizzato...é naturale?
http://www.lucianobianciardi.it/Opere/Opere.htm

Poi te ne metto un altro: "Supervita" di Marco Bacci. Che cosí lo scambio é fatto. Lui ha il tuo blog e tu il suo libro. Ehhh, queste bilancie, sempre alla ricerca di equilibrio e giustizia...
http://francosantoro.blogspot.com/2007/08/marco-bacci-avant-pop-new-weird-e.html

a me ultimamente é piaciuto "L´ombra del vento", che é dello spagnolo Carlos Ruiz Zafon, ma ci sono morti innaturali e pure un commissario, anche se assieme ad un cimitero dei libri dimenticati e con un´idea di fondo niente affatto stupida.
E poi un libricino per chi pecca di gola: "Estasi culinarie" di Muriel Barbery, sulla ricerca del gusto perfetto di un critico in punto di morte.
buona lettura!!
claudia