martedì 25 agosto 2009

Altre ventotto virgolette e parliamo di vergogna

Invece la parola che mi piace meno è “vergogna”.
“Vergogna” suona scivoloso e sapido, come una limaccia inzaccherata nel fango. La V che taglia l’aria come una lama, “rgo” e “gna” come due pernacchie con la faccia di Moggi e Schifani.

Solo “sgombro” suonerebbe peggio, non fosse per la S sibilante che impedisce di prendere sul serio la G gutturale e lo "mbr" che troviamo anche in "imbranato", buttando in burletta cotanta tracotante boria.

“Vergogna” però è una parola molto più importante. La più importante d’Italia, si direbbe, la più usata, la più descrittiva.
Da quassù in basso, l’Italia la seguo dai forum. L’alternativa sarebbe guardare il TG1 via satellite, quindi credo che mi capirete. Uno che l’Italia la vede da internet si accorge subito dell’onnipresenza del termine incriminato. Non ci credi, pensi sia un caso, ma ogni volta te lo trovi davanti di nuovo: “devi vergognarti”, “devono vergognarsi”.

“Vergogna” ha la peculiare caratteristica di trovare applicazione solo per gli altri. Anche quando è il soggetto a vergognarsi, lo fa solo per gesti di persone dalle quali si dissocia, di solito esponenti della fazione politica avversa. È un gesto retorico, dove si aggravano i misfatti dell’avversario ingigantendoli, ponendolo come simbolo della nazione, o meglio, di quello che non va nella nazione. In pratica, questi “mi vergogno” suonano come dei colossali “vergognati”. Sul sito del Corriere hanno pubblicato la lettera di un ragazzino che si vergognava dell’unità d’Italia.
Figliolo, dico io, non ti crucciare, credo che Garibaldi si sarebbe mosso anche senza di te.

La vergogna in conto terzi è la prova che aveva ragione Montanelli, o Biagi, o comunque quel tale di quei tempi là che diceva che il nostro è un paese di moralisti senza morale.

Io dico che la morale c’è, ma è l’autoindulgenza che ci frega: le cose immorali in Italia si fanno dopo aver trovato una scusa che consenta di farle, pulendole dall’immoralità.

Fra le scuse, la più tipica è “C’è gente che fa di peggio”, che è universalmente applicabile e consente quindi di evitare la vergogna in qualsiasi caso.

Forse anche per questo l’italiano è filosofo, perché deve imparare a relativizzare.

Un po’ di vergogna l’italiano la prova solo quando vede che all’estero qualcosa funziona meglio che entralpe. In questo caso il compaesano reagisce inizialmente dando la colpa alla nostra mentalità, per poi rendersi conto che l’italica inefficienza non è una cosa cattiva, ma un’espressione di creatività, di arte di vivere, in netta contrapposizione con la vita grigia di quei noiosissimi nordeuropei inflessibili.

E forse su questo c’ha ragione: senza vergogna si vive meglio.

1 commento:

Anonimo ha detto...

a me "Sgombro" piace... mi fa sempre venire in mente "ingombro" o "sgombro" nel senso di "svuotato" e mi diverto a trovare affinitá tra un pesce ed un appartamento vuoto dopo un trasloco...
vergogna é un termine che nemmeno io sopporto, forse perché da buona italiana, come dici tu, ne provo poca...
se non ci sentiamo...buon viaggio!!!!!
claudia