mercoledì 19 agosto 2009

Uh uh hù

Sappiate che per me, la parola ma proprio in assoluto la più bella della lingua italiana è e deve essere Gufo.

È una combinazione perfetta di vocali e consonanti, un monumento all’arte e alla tecnologia della modellazione dell’aria. La lingua blocca la laringe, per poi stapparsi in una G, sulla U la cavità orale si stringe a mantice finché il labbro inferiore addenta gli incisivi superiori, questa è la F, dove l’aria striscia contro i denti finché la bocca si fora come una camera d’aria nello sfogo della O.

Gufo.

Non UFO, manca l’esplosione iniziale e tutto il fenomeno risulta afflosciato. Non Tufo. La T, che in italiano è plosiva e dentale, causa un suono troppo alto, come un sasso gettato in un lago fra schizzi di saliva, mentre una delle particolarità della G velare è proprio quel suono forte ma cupo, che viene da dietro e si fa strada verso le labbra. Tufo parte davanti, con un rinculo che gli dà la rincorsa per tornare da dove la parola era iniziata. Gufo viene direttamente dal profondo, è tutta aria a chilometro zero, arriva dalle corde vocali per direttissima, in un moto violento, ma plastico e armonico.

Gufo. Uh uh hù, cantavano gli Stones in Sympathy for the Devil.

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