domenica 19 luglio 2009

Gente civile



In fila davanti al van Gogh/Stedelijk Museum

Mamma italiana a marito indefinibile: Mamma mia che paese civile, hai visto? I bambini entrano gratis!
Mamma italiana ai figli: Avete visto bambini? Voi entrate gratis!
Figlio italiano: E perché?
Mamma italiana: Perché questo è un paese civile, che incoraggia la cultura, altro che l’Italia…


Sto leggendo Ebano, di Ryszard Kapuściński, un libro che parla degli anni africani del giornalista e inviato polacco.
Fra le varie cose, parla del retaggio postcolonale dell’Africa subsahariana, dove la gente tende a sentirsi inferiore all’uomo bianco, che dopo centenni di schiavismo, ai loro occhi pare infallibile e invincibile.

Sembrerebbe che l’italiano soffra di un complesso simile. Un senso di inferiorità che cerca di nascondere prendendosela con chi considera a sua volta inferiore (immigrati) o consolandosi con quello che resta (cucina, calcio). Ma la cosa non mi stupisce. Da quando sono qui mi sono reso conto che culturalmente siamo molto più vicini ai paesi del Medio oriente o all'Africa di quanto crediamo. E non dico che la cosa sia negativa.

Comunque oggi il bambino italiano, figlio della mamma italiana, ha imparato una lezione: siamo inferiori agli europei del Nord. D’ora in poi spiegherà così le storture della politica e della civiltà italiana: siamo inferiori. Magari non lo dirà apertamente, ma ci penserà. Così non crederà alla possibilità di migliorare, ma si rassegnerà al suo stato di italiano mediocre. La userà come scusa quando parcheggerà in divieto o non pagherà il biglietto del tram. "Che ce posso fa’, qui in Italia c’è ggente che fa de peggio”, ma anche: “Che cogno farghe? Qua en Italia se fa anca de pegio”.

Ma torniamo al museo, perché uno entra e all’interno l’italiano è la lingua più parlata, segno che sti italiani proprio così ignoranti non sono. È così in tutti i luoghi storici che ho visto: i visitatori sono soprattutto italiani e francesi. I nordici, quando vanno in vacanza, cercano la natura, non la storia. È questione di come si è stati educati, non credo che uno degli approcci sia migliore dell’altro, ma non si può certo dire che gli italiani siano ignoranti.

Comunque è interessante scoprire come finisce, la storia di Kapuściński (quanto mi diverto a scriverlo, con tutte ste lettere strane). Durante la seconda guerra mondiale molti africani vengono in Europa a combattere per l’esercito coloniale di fiducia e scoprono che anche fra gli europei c’è guerra e miseria, che anche loro si ammazzano a vicenda. Così alcuni di loro tornano a casa e raccontano quello che hanno visto. Gli africani prendono coscienza e cominciano a credere di essere in grado di governarsi da soli, così a poco a poco, cominciando a credere in se stessi, i loro paesi conquistano l’indipendenza.

Le lezioni, se ci sono, traetevele da soli.

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