mercoledì 24 giugno 2009

Non so voi, ma io, meglio i cinesi

Qui nei Paesi Piatti, quelli che scrivono sui muri sono molto più originali dei loro colleghi italiani (vedi un po' sto coso qui). O forse non hanno fascisti o comunisti da combattere, ma questa non è una scusa valida, perché volendo avrebbero un paio di altri problemini scottanti, tipo gli immigrati o chi li vuole mandare tutti ad una casa loro che probabilmente non hanno mai visto. Con la regina non se la prende nessuno, perché qui la monarchia è una cosa seria, un po’ come in Italia, con la differenza che la causa non è la ridicolaggine dei coronati, come nel nostro caso.

Pare che i graffitari, qui a livello del mare, si interessino addirittura di economia. Pare, perché dopotutto non serve leggere Economist, Sole 24 Ore o chi ne fa le veci qua sotto, per sostenere che i nostri prodotti vadano sostenuti a spese del fantasma del Fatto in Cina. Sono quelle cose che tutti danno per scontate. Giocano a tuo favore, e allora non ci pensi più di tanto, è vero e morta là.

C’entra, c’entra, perché sulla mia via verso il lavoro, qualcuno si è premurato di scrivere su di un paio di muri “Fuck Made in China”, che, lo ammetterete, non è la tipica cosa che ad un ragazzino con l’acne viene in mente di spruzzare sulle pareti.

Ma poi perché “Fuck Made in China”? Perché, dico io, perché a Sacramento sì e a Pechino no? Perché sì all’Oklahoma e no alla Manciuria? Perché se lo fanno in Cina non va bene, ma in Nordamerica sì?

E non sono mica domande retoriche. Ho già lavorato per due aziende americane e posso confermare che l’effetto della loro introduzione sul mercato europeo è lo stesso che la gente teme dall’avvento dei cinesi. In pratica hanno introdotto in Europa il metodo americano e la cosa non può che sfavare non poco.

Le vacanze ridotte verso standard americani, gli straordinari non pagati, che è vero, in Italia non sono una novità, ma qui sì, il contratto a tempo indeterminato che avevo quando lavoravo in Irlanda, che poteva essere ridotto a brandelli con un mese di preavviso e nessun obbligo di risarcimento: queste sono le cose che sfavano. Nelle aziende di proprietà olandese queste cose non succedevano, ma un po’ alla volta stanno arrivando anche là, perché se per vincere una gara di nuoto oggidì ci vuole il costume Speedo, il costume un po’ alla volta se lo procureranno un po’ tutti.

E poi ci sarebbe anche l’influenza del modo di fare affari americano sul mio boss olandese. Introduce i discorsi con "so che suonerà americano", parla di librini su come avere successo negli affari che gli consiglia il grande boss che siede oltreoceano. Usa parole come “proattivo”, anzi, peggio, le scrive sulla lavagnetta, e ormai un problema è diventato una sfida. Ma deve ancora imparare a convincerci che il lavoro è più importante della vita privata e non sa spiegare perché una “9 to 5 mentality" deve essere per forza una cosa negativa. Cose che a uno gli verrebbe da formulare enunciati che hanno le stesse iniziali del Partito Democratico, ma sono molto più distanti dalle posizioni del clero.

E così si va avanti, dando la colpa alla crisi, che tanto sta buona buona e non risponde. E nel mentre da Gnuiorche è arrivato l’ordine di abbassare i prezzi pagati a chi traduce come libero professionista, così che mantenere un traduttore in ufficio è diventato più caro che spedire le traduzioni ad uno che lavora sette giorni su sette per una paga da minatore.

I cinesi hanno un metodo diverso. I tuoi sette giorni su sette te li lavori perché di sì, non per dimostrare che sei proattivo. I cinesi non rompono i coglioni e in verità, in verità vi dico: quando arrivano sti cinesi, a salvarci da chi non solo ci vuole fare il culo a strisce, ma vorrebbe anche convincerci di farlo per il nostro bene?

4 commenti:

Anonimo ha detto...

Finalmente qualcuno che dice le cose come stanno. A causa della professione che svolgo, conosco molto bene la mentalità USA, e più la conosco, più mi spaventa.
Ogni tanto anch'io sogno di ritirarmi in campagna e produrre formaggi.
Saluti
Mia

Anonimo ha detto...

Mah...io credo che il marcio ci sia ovunque. Non compero cose cinesi, nemmeno se hanno il marchio demeter sopra e le vendono nel negozio bio all´angolo. Ma nemmeno americane. Cerco di comperare prodotti di qui, che non devono viaggiare e inquinare mezzo mondo per arrivare sulla mai tavola. Peró, scusate: io conosco parecchi americani, che l´uomo con cui vivo ha vissuto e lavorato lí. È ben vero che sono tutti dei pazzi universitari fisici teorici, ma a me la loro mentalitá piace molto. Uno é stato qui a trovarci, da poco, con moglie e figli al seguito. Vivono a Ithaca ma sono originari californiani. Mi ci trovo proprio bene! Secondo me quella mentalitá lí che descrive...ommioddio mi sono accorta ora che non so il nome del nostro autore....ok, che descrive il Nostro sul Post é trasversale. Sará pure nata in USA, ma io la studiavo nella mia vita precedente in universitá a trento...e come, se ci credevano!!!
baci
adelaide
ps: Mia, vieni a trovarci, che li produciamo anche qui, i formaggi! Di pecora e capra, soprattutto...

bastian contreras ha detto...

Diciamo che più che attaccare gli americani volevo dire "occhio, che voi guardate in avanti, ma dietro avete già le braghe calate".
Comodo, eh? Infatti non è completamente così... Un po' di rancore c'è, verso il loro modo di concepire l'economia, che bisogna essere superefficienti e anche il centesimo vale oro. Poi sono d'accordo che gli americani normali, quelli che non vivono per il lavoro, sono simpatici e ci metti un secondo ad attaccarci bottone. E poi sono venti e più anni che leggo i loro libri e ascolto la loro musica. Se guardo le cartine dell'america sull'atlante (è mia consuetudine), ogni nome di città o località mi ricorda una canzone, un libro, un film...

Anonimo ha detto...

ciao Adelaide, chiarisco che quel che mi spaventa sono certi aspetti della mentalità USA, e neanche quella di tutti! Anch'io conosco una manciata di americani adorabili e del tutto ammirevoli, però... nei rapporti di lavoro le cose sono diverse.
Comunque grazie dell'invito!
x
Mia