martedì 9 giugno 2009

Ciao nonna, sai, ora convivo con una

Io neanche lo immaginavo che le 9 di mattina le facessero anche di sabato.
Lo dicevano gli amici, quelli che solitamente fanno cose, ma il giorno del trasloco ne ho avuta la prova. Ho fatto fatica a trascinarmi fuori dal quadrato di gommapiuma che per 49 settimane mi ha fatto da materasso. In un anno la gommapiuma si è frollata e negli ultimi mesi ho dormito a contatto diretto col suolo. Per fortuna che in virtù del vuoto nero della cantina sulla quale era steso, una cantina alla quale solo i gatti potevano accedere, il pavimento di legno tarlato era elastico e flessibile.

Appena alzato, nonostante l’ora scarsa all’arrivo di Robertinho e i sacchetti sparsi in terra in attesa di cingere i miei beni, non ho potuto resistere al richiamo della doccia, dall’alto di quei quindici scalini che la mattina presticchio, per poco meno di un anno, sono stati solo poco meglio dell’ultimo tratto del Cerro Torre, con la ringhiera alla quale dovevo tenermi come in cordata.
La doccia che ha raccolto tutti i miei rifiuti, quelli di Baldo e quelli dei poes. Il genius loci vuole infatti che dopo aver dato lo straccio in tutta la casa, avendo l’ultima stanza da pulire un pratico buco sul fondo del pavimento, basti vuotare tutto là e lasciare che se ne occupino gli abissi, con il loro intestino a sifone e task force di pantegane per digerire.

Hè hè, esclama Baldo dal giardino. Sì, ma intanto io ho quarantacinque minuti per mangiare due biscotti olandesi, che comunque dal punto nutritivo equivalgono ad un mulino bianco con tanto di rivestimento esterno a stucco, bere il mio te forte e inscatolare i miei averi.
La confezionatura dei beni è una corsa a cronometro, ma ce la si fa, almeno quanto basta per salvare le apparenze. Quando Robertinho suona il campanello, non mento se gli dico di aver quasi finito.

A questo punto, mentre K e lui caricano i pacchi in macchina, raduno di corsa viveri e roba da bagno, spargendo penne rigate marca Super de Boer, che come ora sapete, significa Super il Contadino. Al termine dell’operazione conveniamo che mentre lui va a Diemen in macchina, K e io cerchiamo di arrivarci in bicicletta. Un’ora sui pedali non spaventa nessuno in Nederlandia, ma molti potrebbero perdere coraggio, speme e desio confrontandosi con la tortuosità del percorso attraverso Zuid, gli svincoli, i cavalcavia e gli scambi ferroviari del limbo della zona industriale e la planimetria labirintica di Duivendrecht, dove da dietro ad ogni siepe ti aspetti che esca la regina di picche.
Infatti un paio di volte ci si perde, ma osservando la stella polare e chiedendo informazioni ben assestate, arriviamo alla via del principe Bernardo, a Diemen, un paesone-dormitorio che un tempo ha dato il nome all’uomo che ha scoperto la Tasmania. Sti cazzi, verrebbe da chiosare.

Ora si tratta di portar su la roba, disfare i pacchetti, mettere in ordine, demolire il letto vecchio, aspettare che l’IKEA porti quello nuovo, andare in stazione centrale a fare i biglietti per K, al Melkweg per quelli del prossimo concerto, il tutto risolvibile con un’altra ora e mezza di pedivella, per poi tornare a casa, aspettare che torni Tinho ad aiutarmi a montare il letto nuovo parlando di calcio.
Almeno lui, metà olandese e mezzo brasiliano, da questo punto di vista mi dà grandi soddisfazioni.

A fine serata sento il peso delle mie responsabilità. Mi torna in mente mia nonna, che la settimana precedente aveva usato la parola “convivere”, alla quale non avevo ancora pensato e sento inconsciamente il dovere di adottare l'adagio di mio padre dopo un’estenuante giornata di coidura (per gli extratrentini, leggasi “raccolta mele”).
Sdraiato sul letto esclamo: “certo che abbiamo fatto un gran lavoro oggi”, seguito da un “eh?” che cerca conferma e instaura complicità, volto a coinvolgere in un’atmosfera di cameratismo chi mi sta di fianco nel sentimento di essersi fatti un mazzo così e poterne infine giustamente godere i frutti.

K, che fa due ore di ginnastica al giorno, più svariati altri esercizi per mortificare le sue carni, che non considera neanche nel conto, perché tanto le va di farli, che la mattina si alza alle sei perché le viene in mente una cosa interessante da fare più tardi e da scrivere sull’agenda immediatamente, che poi torna a letto, ma esce quasi subito perché ha già programmato intensamente la giornata, mi risponde “beh, credo di aver avuto una giornata normale”.

Se raccolgo queste sue parole insieme a quelle di altri europei dalla parte di sopra che ho già avuto modo di incontrare, penso che allora forse forse mi sa che è anche quasi un po’ vero che noi italiani in fin dei conti un tantino fannulloni lo siamo.


Nota: so che la cosa guasta l'effetto, ma a onor del vero mia nonna è più liberale di quanto sembra e ha un'ottima opinione della mia convivente. Giusto per mettere i puntini sulle E, come fanno qui quando scrivono il nome della nostra cara patria.

4 commenti:

adelaide ha detto...

Divertitevi!!!!
Non sono la persona piú indicata, in effetti...ho sempre pensato che convivere con la persona che si ama sia una contraddizione in termini. Ne ho la conferma tutti i giorni...ma forse é la bimba o la disoccupazione al 20% e gli zombie di qui o l´ascendente gemelli...
ma in fondo é una bella avventura, come in treno. Credo che basti sapere di poter scendere quando si vuole, e poi ci si puó anche viaggiare tutta la vita!!!!
Yuppi, buon inizio, stasera al physicker-ball faremo un brindisi anche alla vostra (che teneri, gli studenti...)!
adelaide
PS: Non capisco un cavolo di blog, é l´unico che leggo (a parte quelli di cucina che appaiono quando sono a corto di idee e digito il nome di qualche ricetta in internet), ma perché non metti un coso da una parte che fa vedere i commenti piú recenti? Perché mi sa che mi piace quasi piú l´idea di comunicare, che di leggere e basta....mannaggia, che deserto umano, sto posto...

bastian contreras ha detto...

verissima la frase che basta sapere di poter scendere e si va avanti per tutta la vita.

com'è che vai alle feste degli studenti? hai ancora frequentazioni nel giro? io appena iniziato a lavorare non ho più conosciuto studenti, la cosa un po' mi dispiace.

ho cercato il coso che fa vedere i commenti, ma non lo ho ancora trovato... ma perché non scrivi un blogghe anche tu? per me è l'unica cosa nella vita che dopo un anno ancora non mi ha stufato.

adelaide ha detto...

No, non posso fare un blog. Sono "altmodisch" e gelosa. Non voglio che chiunque legga quello che sento. Se proprio un giorno mi decideró a rendere pubblico quello che penso veramente, sará sul vecchio supporto cartaceo; c´é anche un amico giornalista che me lo chiede, forse é arrivato il momento di dirgli di sí, mi sa che hai ragione. E, soprattutto, come dice l´esperta di medicina cinese di qui: "C´é l´ambizione ma manca il coraggio".
Frequento gli studenti indirettamente,per via dell´uomo con cui vivo. Io sono sempre la stessa, ma loro mi trattano in un altro modo, perché sono "dall´altra parte" ("Frau Professor"). É cosí che ho improvvisamente capito cosa vuol dire invecchiare: quando mi sono accorta di guardare l´allenatore, e non gli undici in campo.

bastian contreras ha detto...

Che bello "Frau Professor".
I tedeschi sono così teneri quando si prendono sul serio! (ora K legge, ma chissà cosa capisce).
Se ti hanno chiesto di scrivere significa che avresti sicuramente qualcosa di interessante da scrivere...
(in questi giorni sono intermittente, causa collegamento internet stile lucine dell'albero di natale)