venerdì 12 giugno 2009

Chilometri di fabbriche e campi

Sarà pittoresco, sarà sfiga. Per me più la seconda. Oggi ho beccato due ponti alzati. E non lo dico con l’aria altezzosa del consumato viandante, ma con quella atletica dall’inguine in giù di uno che da quando ha traslocato si trova a passare più tempo sul sellino che su Facebook.

I ponti alzati sono belli. La chiatta che ci passa sotto è romantica. Ma la mattina alle nove e qualcosa devo essere in ufficio e la cosa più romantica che sono in grado di concepire lungo il tragitto è la barbetta caprina del mio omonimo collega, che sembra la paletta di un contrabbasso. Quindi la selva di bici incodate non è un interessante assembramento di destini paralleli, ma un tappo per la ciclabile. Della chiatta non mi saltano all’occhio i fiori alle finestre come un davanzale tirolese, ma all’orecchio l’assonanza con “chiappa”, e l’omino in uniforme che sorveglia il ponte dalla cabina di direzione non è un bonario marinaio d’altri tempi, ma la versione mallavàta del cpt. Findus.

A parte questo, sono ancora nella fase nella quale uni il paesaggio lungo il nuovo percorso in bici se lo gode. C’è tanta bella roba nuova da vedere, i primi giorni. Poi l’abitudine, la ruttìn (i francesi scrivono tchao, e io col cazzo che scrivo routine) e più tardi la noia di rivedere esattamente le stesse cose ogni giorno, il graffito sotto il cavalcavia che ora mi pare originale, mediterò di ricoprirlo di pece e piume, il ponticello rialzato tanto romantico mi verrà voglia di livellarlo per risparmiarmi quei due metri di salita e l’airone di gesso fuori dalla casa delle fate molto ignoranti (almeno a giudicare dalla chincaglieria in mostra), beh, quello non so proprio come lo vorrò trattare, ma probabilmente in modo scortese, sia chiaro fin da subito.

È un altro percorso agroindustriale, quello che mi schiaffa nel mio ufficio nel centro di Chiesavecchia sull’Amstel, una specie di tris di primi del paesaggio nederlandese. Un tracciato misto con placidi centri abitati nel verde con le loro brave Basilikumweg e centri industriali fatti di Kosmonautenstraat. Poi rimane un pezzo del vecchio tratto lungo l’Amstel, dall’altra parte del fiume stavolta, quella selvaggia, con le strade ruvide di asfalto smangiato e le barche ormeggiate dei pensionati di quassù, sempre in coppia, come lumache siamesi che aspettano il sole per uscire e piazzare il tavolino da pic-nic sui due metri due di strada fra la riva e lo stradone.
Sulla stessa riva sulla quale ieri ho visto un airone e un cormorano, a meno di un metro l’uno dall’altro, meno di due da me, posati su di una trave di legno sdraiata. E i soliti due svassi in amore, sempre in amore sti svassi, ma stavolta davvero a pochi metri da un potenziale obiettivo. E la macchina fotografica la porto sempre solo quando non serve.

La porto per fotografare i camion lungo quei duecento metri di zona industriale che attraverso. C’è un rimorchio da autotreno dipinto a mano con motivi esoterici egizi e la scritta “agape”. Dietro c’è scritto “Humanitarian transport – Romania - Holland”. Interessante. Dietro al rimorchio un furgone da film storico, con le fiancate di legno e dietro ancora uno strano camion anfibio. Una specie di mostra estemporanea di automezzi assortiti, solo che al momento di fermarmi e scattare la foto non ho voglia di frenare e vado avanti senza foto.

La porto per fotografare la pozza dello svincolo. C’è questa autostrada, che attraverso su di un ponte sopraelevato, dal quale si scende da una specie di svincolo ciclistico circolare, in mezzo al quale c’è uno stagno che neanche nelle pubblicità dell’Irlanda. Acqua blu di Prussia, erba alta, canne e ninfee. In mezzo ai pagafrati (it: giunchi) vive un cigno che ha fatto un nido in questo ambiente ancora incontaminato, ma circondato di viabilità massificata. E io ho provato a fotografarlo, sto stagno, ma non ho ancora trovato un’inquadratura che gli renda giustizia. Se inquadro la strada sembra una noiosissima pozza di città, se non la inquadro diventa il solito stagno da incantesimo, che se l’otturatore schioccasse nel momento in cui dall’acqua esce una mano di donna che impugna una spada ci potrei fare la copertina di un romanzo fantasy. Non riesco ad unire natura e carreggiata, ma un po’ è anche perché, ancora, non mi va di fermarmi nel mezzo della discesa e rovinare l’ebbrezza della rincorsa. Lo ammetto, manco di devozione alla causa.

La parte lungo l’autostrada è la più selvaggia. Basta non guardare la strada e il resto sono campi. Campi incolti, con fiori dal gambo peloso, piante d’anice e dappertutto erba alta due metri, che sembra di pedalare nei campi come il bambino di Io non ho paura. E poi sulla strada incassata fra le pareti d’erba mi aspetta sempre un airone che vola via a fatica solo quando ormai sto per investirlo, o le mie amiche folaghe, che al momento sono indaffarate a tirar su la prole, questi polli grigio temporale con la pancia bianca, così arruffati da sembrare più grandi dei genitori.

Credo che conserverò per un po’ l’immagine idilliaca con me che pedalo sull’asfalto ruvido, con le nuvole nere, l’acqua blu di Prussia e l'erba alta due metri, né troppo caldo, né troppo freddo, almeno qualora intabarrato e incanottierato, che ascolto musica intonata alla situazione meteorologica satinata. Seria, ma serena.

L’epilogo piacerebbe a Gianni Mura, è un tratto in pavè, anzi, in mattoni disposti a spina di pesce, una curva parabolica in leggera pendenza, che per intercessione di qualche santo è discesa quando sembra salita e discesa anche quando sembra discesa, chiusa fra casette di mattoni bruno-viola che trapassi da parte a parte se guardi dentro la finestra e alberi che la coprono con i rami, che a uno gli viene quasi da pensare di essere ad una corsa di altri tempi, tipo la Parigi – Rubè, visto il pavè. Il telaio ruotato che rimbalza sui mattoni mi fa intonare zazzarazzà, zazzarazzà, zazzarazzara zarà zazzà.

2 commenti:

rafeli ha detto...

solo per dire che l'incipit del post qui sotto è grandioso.

adelaide ha detto...

io invece continuo a pensare ai pensionati in coppia, che qui é uguale: li vedo ovunque,a piedi, piccolini, il viso che non lascia trasparire la minima emozione, vestiti di beige-grigio che fa molto ddr...