sabato 17 gennaio 2009

Touch iron, America

Braccobama rischia di diventare il più grande portasfiga della storia.
Manca una cosa come tre giorni ad un esordio che in quanto ad attesa rischia di affossare anche quello di Beckham con la maglia del Milan.

Ma c’è un che di macabro, qualcosa che suscita istinti primordiali come superstizione o semplice voglia di toccarsi le palle.
Il fatto è che già da un anno il nostro eroe dei tre mondi vive in un pianeta simile a quello dove opera lo sciamanino Renato Brunetta, un pianeta dove uno proclama la sua missione e la gente comincia subito ad esultare come se l’avesse già compiuta. Pare che Baracco sia in grado do ritirare le truppe dall'Irak mentre sistema la finanza, rifonda il sistema del welfare, demolisce Putin a tennis e incide un singolo rap.

Il mistero è come sia possibile che la gente creda sulla parola ad un politico, quando solitamente ai politici non ci crede nessuno.
La spiegazione più ovvia contempla la magia, la pronuncia di formule magiche, parole speciali che hanno una forza divina. Il “fannulloni” dell’intrepido ministro quadrato ha sicuramente più forza del “liberalizzare” del tondeggiante Bersani. Ma l’esempio più ovvio è l’obamistico “Yes we can” contrapposto al “Si può fare” weltroniano. Qui si tratta di un urlo doppiamente positivo (“Yes” e “we can”), uno slogan lanciato da un marine con le alghe in faccia prima di saltare contro l’avanposto dei musi gialli, contro tre parole che sono il sunto di un placido “guarda che secondo me se ci potrebbero anche essere le condizioni e se tutto va bene magari ci va di culo”.

Baracco c’ha dei numeri, he got game. Gli hanno creato un’icona simile a quella del Che, con il suo profilo nero su sfondo rossoblu, e sembra che tutti lo amino perché chi non lo supporta tace per non fare lo sfigato. Questi sono gli elementi che aprono la strada al mito, signori e signore.

E nei film americani il mito vince sempre. Così tutti danno per scontato il successo, tanto che gente come Springsteen pare abbia già scritto una canzone per celebrarne le gesta, dando adito alla pratica dei già citati gesti scaramantici.

Un successo comunque arriverà quasi di sicuro. Il ritiro dall’Irak è giusto, facile e telegenico.
Poi però sarà il turno della roba noiosa, roba da secchioni, manovre finanziarie e schifezze del genere. E qui la gente cambierà canale, sicura che il suo supereroe di fiducia risolverà la situazione.

E se quando la gente avrà finito lo zapping il presidente rivoluzionario non avrà sistemato tutto, beh, signori miei, saranno cazzi acidi.

Per tutti questi motivi, ma soprattutto per non portare sfiga, ho voluto finora esimermi dal celebrare la figura del primo presidente abbronzato* degli Stati Unti.

Tocca ferro, America! Noi toccheremo le nostre esigue risorse minerarie per voi.



* Quello di Kennedy era solo cerone.

Nessun commento: