giovedì 30 settembre 2010

Quel tipo là, che vende i giornaletti dei senzatetto

Sono i silenziosi che ti fregano dal basso, che ti colpiscono senza il botto e ti si installano in mente senza il chiasso della dialettica.

Prendi quel tipo là, alla porta dell’Albert Heijn vicino a RAI. Sta là, ogni giorno, a qualsiasi ora mi trovi a passare davanti al supermercato sulla via del ritorno dal lavoro. Sta là, lui, in piedi, silenzioso, a vendere le riviste dei senzatetto.

Quel tipo là ha una faccia da faccia. Mascella perfettamente quadrata, naso grosso, barba di uno, due o tre giorni a seconda del giorno (ma non per scelta), mento sporgente. Una testa piegata in avanti, non si sa se per sporgere oltre un corpo di stazza importante o se premuta e costretta sotto una selva oscura di capelli lunghi, neri e ricci, presi al lazo da un elastico.

Se ne sta là, sulla soglia del supermercato, con le riviste dei senzatetto bene in vista, in posizione verticale, premute contro il petto poderoso, come un pope che dà aria e fama ad un’icona antica, o Mao col suo librino rosso. Mi ha anche salutato, quella volta che mi sono fermato a comprare carni scelte per il fine settimana. Io per un attimo ho pensato che forse, come io notavo lui tutti i giorni, anche lui aveva notato me. Forse aveva notato anche che lo osservavo, per quei cinque secondi in cui passavo davanti all’Albert Heijn prima di imboccare la Scheldestraat.

Lo osservavo, ma non è che ci voglia tanta osservazione per quel tipo là, silenzioso. Certe cose le capisci al volo. Per esempio sembra chiaro che gli piaccia il metal. Presente come ai metallari glielo leggi in faccia, che gli piace il metal? Saranno i capelli lunghi, saranno i vestiti neri, per me però è la faccia. E non solo. Legge Tolkien. Secondo me ha proprio la faccia da uno che legge Tolkien, e qui non ci sono capelli lunghi o vestiti neri. L’unico indizio potrebbe essere che i metallari di solito leggono Tolkien. Ma secondo me lui anche Terry Pratchett. Glielo leggi in faccia, anche quello.

E quando torna a casa, quel tipo là, secondo me guarda un sacco di televisione, da Star Trek a Lost. Presente, dicevo, come a certa gente, certe cose gliele leggi addosso?

Un giorno lo vedo con la testa piena di sangue, cinque secondi e poi via, lungo la Scheldestraat a pensare che potrebbe essere anche uno psicopatico dedito all’automutilazione. Poi torno a sfrecciargli davanti il giorno dopo, gli punto gli occhi in testa e mi accorgo che è colore. Si è fatto la tinta, il tipo, rossa, ma che sembra piuttosto una ricrescita, rossa, perché il colore è una macchia che ha sul capo, non estesa a coprire l'intero patrimonio boschivo della chioma.

Chissà cosa pensava, con la macchia rosso sangue. Ma deve essersene pentito, perché è durata solo una settimana.

Io però non posso fare a meno di osservarlo, ogni volta che gli passo davanti, lui con il giubbotto nero e il culo molto più grande delle gambe. Il mento e la testa quadrata. Ah, e forse non ho detto che sorride beato. Sempre. Con un sorriso sereno come chi ha avuto un esaurimento nervoso, ma ora è in cura e tutto è passato. Non so perché, ma fin dall’inizio ho questa teoria, che sia uno sensibile, con dei rodimenti interiori di una certa portata, che si sente bene quando può stare là, davanti alla porta dall’Albert Heijn, a vendere i giornaletti dei senzatetto per i senzatetto, o forse per se stesso.

Ci vorrei parlare un giorno coon sto tipo, ma che gli chiedo, a lui che è anche taciturno?

“Senti, ti volevo parlare”

“Perché?”

“Eh, perché hai la testa quadrata e un culo al limite del fumetto”

E allora magari lui chissà, per una volta potrebbe prendere le riviste, arrotolarle, e con l’energia di uno timido, che si tiene, si tiene, ma quando si incazza si incazza, frantumarmele sul setto nasale fra le occhiate incuriosite di centinaia di altri passanti abituali, che da mesi lo avevano notato, ma non avevano mai osato parlargli.

Nessun commento: