venerdì 24 settembre 2010

Rompicapi

Siamo qui stasera riuniti per ricomporre un puzzle.

Un puzzle con il Taj Mahal. Mille pezzi, però piccoli, quindi il tutto non occupa più di un quarto del tavolino ripiegabile bianco del salotto. Difficile. Immagina il Taj Mahal al crepuscolo, arancione di raggi rifranti, con tutta una luce giallognola dietro e il riflesso nell’acqua. Che riflesso non è, perché l’acqua non conduce molta luce e al crepuscolo è già quasi nera. Arancione sovrapposto a nero fa al massimo nero seppia. Però scuro.

Siamo qui riuniti noi due, il mio Es, quello che ogni tanto se ne viene fuori con una delle sue, una sparata, e Me, quello che ha il compito di mediare, anche riparare.

Il puzzle è là da un mese. La parte facile era stata già completata: la crosta, poi le tessere al limite fra l’acqua e il cielo, e infine l’edificio pieno di finestre e fregi, a cui mancava solo una tessera centrale, irreperibile. Rimanevano solo una salva di tessere tutte nere o tutte arancioni.

Poi però lo scorso fine settimana aspettavo due amici e avevo bisogno del tavolo. Allora ho provato a spostarlo, il puzzle, trasferirlo sulla copertina aperta del vinile di Julien Clerc che avevo trovato per strada il giorno della regina e avevo portato a Lilù perché in quanto francese le apparteneva di diritto. O comunque apparteneva più a lei che alla strada.

L’operazione era stata lasciata a metà, perfetto accordo fra Me e l’Es, e comunque non mi serviva più liberare un pezzo di tavolo, perché i miei amici, che tra di loro sono sposati e volevano festeggiare il secondo anniversario di matrimonio ad Amsterdam, alla fine non sono venuti.

La mattina del giorno in cui sarebbero dovuti partire, mi telefona Lui e sento la sua voce, il suo italiano con accento austriaco sbilanciato fra il riso e il pianto. Pare che Lei, trasferitasi dall’Austria al Belgio cinque giorni prima, per unirsi al marito che era già là da due mesi, avesse appena scoperto che Lui la tradiva praticamente da quando era arrivato. E ci tiene a raccontarmelo, Lui, quasi se ne vanta, eroico Lui, che vorrei dirgli qualcosa, ma è di turno Es e gli dice solo che non ha voglia di giudicarlo.

Ma più che altro è Lilù che torna e trova il puzzle sfatto. Le dico che da una parte mi sarebbe piaciuto rifarglielo, dall’altra volevo lasciarle il piacere. Alla fine è stato l’Es a prendere l'iniziativa, la strada più semplice, la nullafacenza. Però questo non glielo dico, perché è già furente.

Allora stasera per punizione mi tocca rifarle il puzzle, mentre lei se la spassa in piscina, o più che altro nel dopopiscina, al bar con le amiche.

E poi come sarà che mentre sto reimbastendo il puzzle, i bordi come merletti di pizzo arrotondati, mi vengono in mente tante cose, e per una volta realizzo che non sono importanti?

1 commento:

Aria ha detto...

Fatti un tè, va! ^____^
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