martedì 27 luglio 2010

Argenteuil

Ci sono stato, finalmente, a vedere la casa di Lilù nel ventre gonfio di Parigi, quello che lardifica a vista d’occhio, di grassi saturi e olii bruciati. La bainlieue che in italiano suona come Sodoma per chi viene da Gomorra, in realtà è un posto bigio, ma non troppo, verde, ma solo nelle aiuole, geometrico e viabile. Per i trentini fra chi legge, un’enorme Martignano.

E poi ci si sposta in macchina, fra tutti sti paesi attaccati, che sono come scaffali di un supermercato in bianco e nero, scatoloni di case senza etichetta. Si passa per sobborghi e città commerciali, e da lontano spesso spunta un enorme ripetitore di ferro che pare abbiano piazzato nel centro della città. Il centro delle città francesi, che quando ero un bambino in vacanza con i genitori credevo fosse un paese chiamato St. Treville.

E fra i paesi ammassati ne riconosco uno, o meglio, riconosco il nome. Argenteuil lo conosco su tela, senza contorni precisi, ma con i colori opachi e luminosi di Monet e Sisley.
E la cosa è triste. Perché per un po’ viene da pensare a questi luoghi incontaminati, che poco più di cent’anni dopo sono rinchiusi dentro scatole da scarpe di cemento.
E poi però se ci pensi bene la tela era la televisione d’allora. Nel senso che magari chissà, i pomeriggi estivi ad Argenteuil erano pieni di gente sudata che urlava, cani che si divincolavano fra i raggi dei velocipedi degli eccentrici, partite di pallacorda improvvisate che finivano fra gli urli striduli di donne di pic nic di stoffa e porcellana e ossi lasciati là. Un carnaio, altro che viste romantiche. L’artista sceglieva il meglio, cancellava deiezioni di cani di razza e tovaglie regalate al vento. Come al cinema oggi, la tela deve sempre essere stata terra di finzione.

Viene in mente come tutto, nella finzione, sembra meglio di com’è in realtà e noi, imbottiti di film americani, ma anche di pittura impressionista, cerchiamo di imitare le vite dei film, non sapendo che è impossibile, anzi peggio, è possibile ma improbabile. Probabilmente, se non avessimo mai visto i film d'amore, non cercheremo l'anima gemella, sposeremo la figlia del vicino di casa e vivremmo senza gli alti, ma anche senza i bassi della vita moderna. Uno stato d’armonia che i manager stressati chiamano nirvana. O pilates, omega tre o comunque la moda del giorno. Qualsiasi cosa proponga mamma tivvù. Però qualcosa di armonico.

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