martedì 20 luglio 2010

Sauvignon australiano

Al di là del fatto che è una settimana che mangio gratis al ristorante, la prima visita genitoriale olandese è stata utile per far detonare un paio di stereotipi acquisiti con il consolidarsi del mio stato di italoamericano europeo.
Ovviamente la visita d'ambasce si è svolta principalmente a tavola. Ci si trovava la sera appena mi liberavo dalla fabbrica e si mangiava per ristoranti, così ci scappavano un paio di chiacchiere su chi è morto alcolizzato in paese e sul progresso della ristrutturazione del municipio (terminato da un anno, mi dicono). Avendo mangiato 8 pasti in 6 giorni al ristorante, gli stereotipi sfatati sono principalmente di carattere culinario.

Per esempio ho scoperto che in quell’Italia in differita che è la Valle è arrivata la cucina etnica. Quindi quello che dico in giro, che da noi si mangia solo pastepizza, con ampio sgranare di occhi ariani slavati, non ha valore reale. Corrisponde ai discorsi di quegli italiani nati all'estero che incontravo in Germania. Quelli che appena gli rivolgevi parola nella nostra lingua recitata, si affrettavano a rimarcare un senso di appartenenza allo stesso mondo, elencando le bellezze dell’Italia (Colosseo, Torredipisa e Venezia tutta) e della sua cucina (prosciutto di Parma, pesto alla genovese, pizza napoletana). Ah, il senso d’appartenenza è così importante quando ti viene in mente che forse non appartieni.

E poi l’ulitmo dei tabbù. Perché mio padre è uno che gli piace il vino. Originariamente poco ma buono, poi gradualmente tanto ma buono. Grande in me lo sgomento, quando ha ordinato il sauvignon australiano. Io che ho sempre pensato, ma soprattutto raccontato, che in Italia i vini extracomunitari non li trovi perché con i nostri non c’è competizione. Ora mi rendo conto che dovrò tenere gli occhi chiusi la prossima volta che passo al Conad del paese, perché come minimo trovo il syrah cileno.

E non è finita qui, perché c’è il tappo a vite. Per il vino. Non solo mio padre non si scandalizza, ma mi rivela che una cantina trentina ha cominciato a usarlo. Dice, con semplicità disarmante, che con il tappo a vite il vino non sa di tappo. E io che pensavo alla filosofia del sughero, agli aromi che con la plastica non si sentono uguali, tutto roba grande, importante, che giustifica quella bottiglia su cento che sa di tappo.

E invece che buono, che era, il sauvignon australiano. Ne abbiamo prese due bottiglie.

1 commento:

Aria ha detto...

Il Cusumano lo fanno col tappo in vetro e se non stai attento, quando lo apri, rischi di farlo finire per terra, tanto è corto e precario all'interno della bottiglia.
E quindi, il sushi in Valle?