giovedì 8 luglio 2010

Del leggere i libri

Sì, a Biblit mi ci sono iscritto un giorno, ma non l’ho mai aggiornato.
È che si fa fatica. E poi, lo ammetto, spesso leggo cose di cui mi vergogno. Stupido, no? Perché uno non si dovrebbe vergognare di nulla, neanche di leggere Moccia. Se poi 3MSC non l’hai mai letto, di cosa puoi vergognarti? Del Codice Da Vinci? No, perché mi è piaciuto: la trama è un capolavoro.

Forse vergogna non è il termine giusto, è più pudore. Non nel senso che leggo roba malsana, ma timore di aprirmi, come se il titolo di quello che leggo svelasse i gangli più contorti delle mie budella. Strano, per uno che è solito confessarsi completamente agli sconosciuti. Più strano, perché vale per i libri, ma non per i dischi. Ancora più strano, perché va a giorni. Oggi, per esempio, mi va di parlarne.

Ne leggo tanti, di libri. Ma tanti alla volta, non tanti in totale. Sono un lettore in lungo: meno di dieci pagine l’ora, ripasso le frasi tre o quattro volte, perché ho il terrore di perdere i dettagli, cerco il posto giusto: non posso leggere il Milione ascoltando musica africana. Non è snobbismo, è che se non riesco ad immedesimarsi, preferisco guardare un film.

Sarà anche per questo che leggo sette o otto libri alla volta. Diari di viaggio la sera a letto, per smuovere il sonno, qualcosa di leggero per i mezzi pubblici, un saggio che vada bene per ogni momento, il romanzo da giornata estiva, che ancora oggi quando penso ai pomeriggi universitari al parco mi vengono in mente i dialoghi teneri e impacciati di Herr Lehmann di Sven Regener. Poi ovviamente se vai in montagna ti porti qualcosa di leggero di peso, ma pesantuccio dentro, possibilmente scritto da uno scrittore solitario e laconico come Mauro Corona (tra l’altro mai letto), Paolo Rumiz oppure – ma questo è fin troppo ovvio – Rigoni Stern. Al mare invece ci vuole una storia, va bene addirittura sentimentale, Hemingway è perfetto. Ho nostalgia di Addio alle armi, letto a Creta. Poi c’è il libro da viaggio, scelta molto delicata. Questi preferisco leggerli prima di partire. Mentre mi muovo non mi va di farmi influenzare da quello che leggo.

Perché quello che leggo mi influenza. Anche per questo meglio evitare le storie tristi e cercare l’umorismo di vivere, per convincere anche il mio es che la vita altro non è che uno scherzo della natura. Per questo va bene Una banda di idioti, di John Kennedy Toole o la trilogia sdentata di Steinbeck, con Cannery Row e Sweet Thursday.

Poi ci sono le cose che mi fanno venir voglia di scrivere. Dopo aver letto quello della Mazzantini, come si chiama – aspetta che guardo – Venuto al mondo, ho scritto una frase dietro l’altra, per mesi. Il bello è che la storia boh, i personaggi mah, lui, poi, bah, però come è scritto…

Ah, dimenticavo. C’è un libro solo che non sono mai riuscito a finire. Cent’anni di solitudine. Ho provato con i post-it con i nomi dei vari Aureliani, ma ho dovuto lasciare perché il bagaglio col quale mi stavo trasferendo in Irlanda era troppo pesante. Poi non sono mai riuscito a riprenderlo in mano, troppi Aureliani da recuperare.

Sulla mia scrivania al momento:
- Luce Boulnois, La via della seta – Saggio da serate in cui vorresti partire scomodo
- Ella Maillart, Oasi proibite – Diario di viaggio per partire la sera
- Giorgio Bettinelli, La Cina in vespa – Momentaneamente accantonato: non è il momento giusto per i grandi sentimenti spaccati
- Aldo Nove, La più grande balena morta della Lombardia – Arranco perché non ho capito che cazzo voglia dire. Sembra roba da mezzi pubblici, urbani (buono per le tratte brevi)
- Guy Delisle, Croniques Birmanes – Fumettone di viaggio per le fasi deprimenti dell’inverno. Probabilmente la prossima tappa sarà a gennaio
- Mark Paytress, Break it up: Patti Smith’s Horses – Biografia musicale, per rilassarmi al ritorno dall’ufficio
- Philip Roth, Goodbye Columbus + other stories – Mezzi pubblici, tratte extraurbane
- Raymond Carver, What we talk about when we talk about love – Iniziato per ispirarmi a scrivere. Non funziona.
- E poi ce ne sarebbe ancora uno che non vi dico.