lunedì 8 marzo 2010

Io, Topolino e la ragazza del Plus

Ci ho messo quasi due anni a chiedermene il perché, a realizzare che la cosa, in fondo, non era poi completamente logica.
E pensare che lo sapevo. Voglio dire, non ho mai pensato che fosse una cosa razionale, ma non ho pensato neanche il contrario. Non ci ho pensato e basta. Sta di fatto comunque che solo oggi ho aperto il dialogo con la parte zitta zitta della mia mente e mi sono chiesto perché. Perché ogni giorno devo aver paura di andare al supermercato sotto l’ufficio per assemblare le parti costituenti del mio panino quotidiano? Perché devo studiare in anticipo le mosse dell’incontro con la ragazza del banco dei salumi, quella riccia, con gli stivali col pelo, simpatica e sorridente, che ogni giorno mi dedica un “hi, hi" che vorrebbe essere la traduzione inglese dell’”hoi hoi” autoctono.

Il motivo del mio imbarazzo è il dilemma che sta alla base di questo saluto. Perché se saluto lei, allora devo salutare anche le colleghe vicine, il che in sé non sarebbe poi così difficile. Quello che complica le cose, il foglio di carta che taglia la pelle fra le dita, è che loro si girano dall’altra per non vedermi. Non perché se la tirino o cosa, anche perché se devo dirtela tutta hai poco da tirartela col grambiule bianco con sopra il gilet viola Milka e verde pisello del Plus, ma perché mi sa che hanno lo stesso problema che ho io. Impaccio da saluto. E allora forse non dovrei salutarle, ma mi pare scortese e poi, non vorrai mica che si creda – che so – che ci sto provando con la ragazza del banco dei salumi, quella riccia, con gli stivali col pelo. In quanto italico sono a rischio, da noi ci si aspetta questo e altro e il fatto di essere biondo per una volta non costituisce alibi.
E allora ogni giorno è una specie di trauma, entrare al Plus, con i diversi gradi sottozero dei banchi frigo all’aperto (no, perché non crediate che la gente quassù pensi all'ambiente. Non è più di moda da anni, dicono. Ora tira più il Tibet) e il suo merchandising artigianale fatto di “pane gratis per un mese per chi indovina il peso di questa maxibrioche”.

Così passo per il reparto frutta e verdura, scelgo i pomodori meno bianchi, pondero con calma qualsiasi genere di offerta sulla frutta e prendo la direzione dei salumi, cercando di studiare da lontano la presenza della ragazza riccia e delle sue colleghe. Originariamente, se a questo punto la vedevo, la puntavo dalla distanza, distogliendo lo sguardo solo dopo aver fatto scattare il mio “h’llo”, con il suo suono internazionale e polifunzionale. Se la ragazza riccia era in compagnia, cercavo di poggiare lo sguardo anche sulle colleghe, per includerle nel saluto. Ed è stato a quel punto che mi sono accorto che loro distoglievano lo sguardo. All’inizio pensi che in quel momento siano distratte, o più semplicemente concentrate sul lavoro, ma quando la cosa succede ogni giorno, non può essere un caso. D’altra parte, se una salumiera del Plus avesse vinto le Olimpiadi della concentrazione sul lavoro, mica lavorerebbe più al Plus, no? O come minimo le farebbero mettere una coccarda con scritto “Lavoratrice dell’anno”.

Allora ho cominciato a trovare diversivi. All’inizio temporeggiavo fermandomi a metà strada, al reparto dei dolci, riempiendo le braccia di dropjes alla liquirizia, bastoncini di zucchero spruzzati di cannella e cioccolata marca Plus, in tegole da duecento grammi alla volta, da consumarsi regolarmente in giornata. Il diversivo però non funzionava spesso, anzi, quasi mai, solo quando per caso il turno al banco dei salumi finiva proprio nel momento in cui io stavo decidendo se nella cioccolata ci volevo le nocciole o meno.

Così mi sono arreso e ho cominciato anch’io ad evitare gli sguardi. Probabilmente le colleghe saranno state sollevate, ma la ragazza dai capelli ricci chissà cosa avrà pensato. Forse che non le voglio più bene, chissà. Fra l’altro la cosa sembra funzionare, pare che ora ognuno prenda la situazione più alla leggera.

È che da piccolo, quando i miei amichetti studiavano i fondamenti della vita sociale, io stavo chiuso in casa a leggere Topolini.

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