lunedì 16 marzo 2009

Je ne parle pas neomelodique

Ultimamente non ho scritto molto perché oltre ad un periodico attacco di vuoto mentale ho dovuto preparare la presentatie (pron: preshentaazie) per il corso di olandese.
Tutto questo mentre sto per piombare di nuovo nella crisi franco/olandese. Il succo della crisi è: perché sto studiando una lingua parlata da manco venti milioni di persone al mondo, quando potrei studiarne una più utile?

Le risposte ci sono. È cosa buona e giusta parlare la lingua del paese che ti dà lavoro, fa molto persona responsabile e gli olandesi amano le persone responsabili e quelli che non lo sono li chiamano asocial (asossiàl). Poi non è vero che i nederlandici parlano tutti inglese, provate ad andare per uffici ad Ouderkerk aan de Amstel. E poi l’olandese è una gran botta di autostima. Se parli un pelo di tedesco ti aiuta a convincerti che imparare una lingua non è così difficile. Ma questo magari non ditelo agli olandesi.

Tutte motivazioni valide, non fosse per le pressioni provenienti da dietro il Belgio. Il francese dovrei studiare, altro che. Cosa farei se un giorno l’assessore e noto mecenate delle cause perse che si spaccia per parente di mio nonno mi trovasse lavoro a Bruxella? O se decidessi di emigrare in un paese remoto, vivendo di traduzioni fatte su banda larga a bassissimo costo? L’Olanda ha Suriname, Sint Maarten, Aruba, Curaçao. Non male, ma non impazzisco per i Caraibi. Vuoi mettere la Francia? A parte il fatto che la loro brava Guyana ce l’hanno pure loro (“una Guyana non si nega a nessuno”, anche gli inglesi ne hanno avuta una), ma vuoi mettere con una lingua parlata da lemuri e aye-aye in Madagascar, alci canadesi, presunti marsupiali della Nuova Caledonia, madonne di Lourdes, moscimbecchi di Tangeri e Leoni Indomabili del Camerun?

Mettendo a confronto le due favelle la Francia sarebbe in grado di ribaltare il 4-1 subito contro gli arancioni all’ultimo Europeo. Ma non ce la faccio. È più forte di me. Con i francesi ci sono sempre andato d’accordo, almeno dopo che Materazzi, santo patrono degli italiani all’estero, ha ristabilito le gerarchie. Sono colti, hanno una grande letteratura (per quel poco che ho letto) e un grande cinema (per quel poco che ho visto), si interessano di rugby come i veri gentiluomini, ma è la lingua signori miei, che te li farebbe prendere a schiaffi.

A parte le bocche contorte che costringe i suoi parlanti ad assumere e il fatto che a casa mia se avessi parlato con bocca semichiusa e aria di sufficienza sarei stato dovutamente redarguito (si fa per dire, in realtà come educazione ho dieci anni di anticipo sui giovani d'oggi), la lingua francese suona troppo neomelodica per me.

Ho sempre pensato che le lingue suonino come generi musicali. L’inglese ha tutta la casualità e le dissonanze del punk, con qualche traccia di emo nelle versioni con cadenza britannica, tra l’altro molto orecchiabile. Lo spagnolo ha un ritmo unza unza con una spigolosità liscia e melodica degna dei Talking Heads, come se Goran Bregovic facesse Born under punches, il tedesco è decisamente metal con la seriosità e l’oscurità del suo accento, strutture grammaticali che sono puro virtuosismo fine a se stesso e le B che sono P e sono scoppi da Einstürzende Neubauten. Il tutto arrangiato con la finezza di Warren Ellis dei Bad Seeds.

A ragione le lingue scandinave dovrebbero essere profondissimo death metal, ma forse con l’eccezione del ruvido danese non vanno oltre il pop più formaggioso. Lo svedese però è assolutamente una lingua da cantare. Ascoltatevi i Dungen o l'accento di Karin Dreijer dei Knife in What else is there dei Royksöpp.
Il finnico invece ha semplicità e minimalismo degni di Woody Guthrie e del vecchio Bobbo. I testi ovviamente sono molto impegnati.

Il polacco è hardcore punk e qui non mi sembra ci sia molto da spiegare, il portoghese es bossanova e isto è muito natural. L’olandese è tremendamente pop. ma un pop non immediato. Mi verrebbe da citare Scott Walker o Neil Hannon, ma no, l’olandese è troppo spigoloso per il pop da camera. È più buttato giù male, anzi direi che suona decisamente simile ai Pavement. Ma con archi e ottoni, per un effetto che richiede diversi ascolti per farci l'orecchio.

L'italiano boh, direi che dipende dall’accento. Dalla musica classica di Firenze al rock blues di Scampia, passando per il rock progressive siciliano (intendo i Genesis, non i Dream Theater) e il gotico piemontese. In Liguria parlano il lento e in Romagna un tango stonato. Nel Nord-Est vige un thrash che va scemando verso ovest, raggiungendo toni stoner dalle parti della Val Seriana.

Fatto sta che continuerò a studiare l'olandese. Per la musica c'è sempre lo stereo e il francese no perché no.

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