venerdì 6 maggio 2011

Sprizzetto

Lassù sotto il livello del mare, essere italiani è come andare in giro firmati. Non vestire firmato, ma essere firmati, come se sulla copertina del nostro passaporto ci fosse scritto Gucci.

Per loro l’Italia è un po’ come quei paesi tropicaldi, con la fondamentale differenza di essere raggiungibile in camper e di poterci mangiare bene senza rischiare la sciorta.

Però a differenza di quello di Gucci, il marchio Italia può essere falsificato legalmente. Nascono così fenomeni come la pizzeria Jovanny e il suo pizzarolo che, curioso mentre fotografo la sua insegna, mi chiede delucidazioni in una lingua finta che suona simile all’italiano e serve per non rivelare ai clienti le sue origini berbere.

Non è un caso che per gli olandesi il tipico italiano abbia un profilo un tantino più magrebino del reale.

Allora fra amici si è pensato di rendere giustizia allo stereotipo e magari farci anche un paio di dobloni, sfruttando il passaporto con l’ingranaggio e la stella che testimoniano la nostra denominazione di origine protetta.

Così s’è deciso di vendere spritz nel giorno della regina, il più arancione dell’anno. Roba che al carnevale di Ivrea per raggiungere un effetto vagamente simile devono spremersi le arance sul naso. Un banchetto rossobiancoverdearancio in una spremuta d'arancione.

Nel giorno della regina non si celebra tanto la vecchia Beatrix, ma piuttosto l’attitudine commerciale dei suoi sudditi: i figli dei mercanti delle Indie orientali e delle Antille vendono per strada tutto quello di cui vorrebbero disfarsi, oppure inventano trucchi fantasiosi da due euro al colpo, tipo cappelle a gazebo per finti matrimoni, cani travestiti dal leoni in posa per fotografie, agenzie matrimoniali improvvisate. Cose del genere. Cinque euro di guadagno e si festeggia bevendone dieci.

E noi là, pronti a soddisfare il fabbisogno alcolico della situazione. L’idea è geniale, ed è ovviamente sua, perché anche i genovesi sono un popolo di mercanti. Al banco il nocciolo duro della Confraternita dell’Asino Morbido e alcuni italiani veri (senza chitarra in mano, ma con domicilio nella zona giorno d’Europa, dove le Alpi fanno da diga alle nuvole gonfie d’acqua).

Come da tradizione, si comincia con qualche giorno d’anticipo, scegliendo un posto comodo lungo le vie del Jordaan e scrivendo in terra la parola BEZET, la stessa che si dice quando uno bussa alla porta del cesso mentre stai purgando il tuo corpo dai residui alimentari.

E poi il giorno dell’evento basta essere là la mattina presto, che considerando gli imbibimenti della nottata precedente è verso le 11. Si monta un banco di legno con due cavalletti e ci si stende davanti un filo per il bucato, con tre magliette nei colori del patrio vessillo appese con le mollette. Dietro di noi è bene affiggere uno striscione che specifica che il nostro prodotto è italiano, ma anche arancione (segno di deferenza, integrazione e socialità). Per ricordare che la cosa è alcolica, basta mettere le bottiglie di Aperol bene in vista.

Poi basta sbraitare come piazzisti, in olandese fortemente accentato, tranne nel caso di Antò, che essendo per metà autoctono ha un accento troppo corretto per passare come italiano.

In poche ore le monete bicolori con la faccia della festeggiata fioccano come proiettili in un film del governatore della California. E fioccano anche quelle con la faccia di Dante, perché i turisti ci tengono a scoprire se la firma è originale o solo un altro tarocco legale come quello di Jovanny.

Sprizzetto (perché senza la vocale finale non sembra italiano) va via come il pane azzimo ad una messa in San Pietro. Dopo 4 ore ci troviamo con più di 150 euro che decidiamo di reinvestire sul territorio, sussidiando imprese locali quali Amstel, Bavaria ed Heineken.

Il giorno più arancione, il terzultimo prima di andare via con una lumacchina con tutti i nostri averi nel guscio.

1 commento:

ragno ha detto...

resoconto perfetto, lo hai scritto da sobrio?