lunedì 23 maggio 2011

Comodo e lento

Ho detto a Lilù che non è un peccato non aver preso il Tiggivì. Meglio così, non solo perché il trenino costa meno, ma soprattutto perché puoi guardare negli occhi i posti dove passi. Il TGV invece è tutto velocità, tecnologia e business, ha finestre eleganti ma minuscole, bordate da sontuose fasce al neon che deformano la luce che viene dall’esterno.
E a me interessa vedere. Perché la Francia che si conosce è tutta là ai margini del paese a forma di capra scuoiata: la Bretagna, la Costa Azzurra, le Alpi e i Pirenei. Il resto è zona inesplorata.
E io voglio vedere, perché che ostia vai a vedere l’Asia se poi non conosci neanche i vicini di casa?
Sei ore di immagini fra Montélimar e Tours passano comode e tranquille, perfette per colorare le parti finora sfumate della planimetria europea della mia mente.
Immagini di centrali nucleari là a fianco dei binari, giusto sull’altra riva del Rodano, una con un affresco enorme su di un reattore e io che penso a quanto faccia sfigato per il curriculo di un artista, dipingere un reattore nucleare. Si perde tutto il sostegno delle aree riformiste, che come si sa sono quelle che detengono il potere sull’arte. Sarà per quello che l’affresco è scrostato come una versione cilindrica del muro di Berlino.
E poi ci sono le foreste dell’Alvernia, che è una Svizzera piatta di pascoli e foreste. Una specie di Toscana senza Rinascimento né pisani all’uscio: solo paesi di case in muratura solida e staccionate di legno. Vacche e capre con facce da formaggi che esalano l’anima come un’ultima parola da scrivere su di una lapide. Foreste intere di cinghiali. Non è un caso che qui nelle anticamere degli ambulatori si trovino riviste specializzate per i cacciatori di cinghiali.
Campi di cereali colorati si nutrono della Loira mentre circumnavighiamo scogliere bianche a picco sui prati. E sarebbe bello fermarsi nei pressi di Bourges e vedere da vicino quei villaggi di case di mattoni chiari, con camini che terminano in piccole ciminiere di cotto. Case che condividono una parete col monte e spesso hanno capanni o pergole ritagliati nella roccia. Alcune sono addirittura scolpite interamente, pareti rocciose con porta e finestre. Chissà perché. Forse per tenere al fresco il vino o le salamelle. Sarebbe bello chiedere, ma si può solo aspettare di arrivare e documentarsi poi. Questo è il limite del viaggio lento, che ti vorresti fermare ovunque, ma sai di non poterlo fare. Ed è tutto uno spergiuro di ritornare un giorno, chissà.

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