martedì 5 aprile 2011

T'amo, alcolizzato del parco

Gli alcolizzati del Westerparco si trovano ai bordi dello stagno con le sculture orrende. Se ne fregano del vestito da sposa decapitata e bevono birra da poco.
Parlano, sgrugnano, fanno per picchiarsi, ma poi non si picchiano mai. Poi oggi si sfogano su di un pallone giallo-borussia, ma solo per smaltire un po’ la rabbia alcolica. Arriva una signora alcolizzata col carrello a motore, di quelli a tre ruote fatti apposta per gli anziani. Lei pacheggia e scarica lattine. È festa grande e lei ha le scarpe da ginnastica colorate come quelle che usano i marocchini locali per fare i rappisti ganghisti. Ma sarà vietato guidare i carrelli a motore con lo Spirito nel sangue?

Uno ha una chitarra e scatarra versi in inglese, ma senza suonare. Parlano di amore incompreso o comunque cose negative, cose che allora capisco anch’io che scegli l’alcolemia.

Passa un poliziotto che saluta deferente e loro ricambiano con un sorriso, perché con tutta la gentaglia che c’è in giro, un agente in rampichino ti permette di berti la tua birra tranquillo e beato.

Da queste parti la gente vuole bene agli alcolizzati dei parchi. Forse perché è il paese che se gli dici che non compri il giornalino degli alcolizzati loro ti dicono grazie, scusa per il disturbo e ancora buona giornata. Sono socievoli perché qui “asociale” è un insulto.

Neanche le ragazze hanno paura degli alcolizzati. Ne ho viste due che giocavano a calcio malissimo e che arriva un alcolizzato ad ambire alle loro inarrivabili brame bionde e loro invece di scazzarsi o scappare via gli sorridono e gli danno corda tranquille e gentili. Per almeno mezz’ora.

E poi c’è sta bionda che si è seduta qua davanti, perché magari non l’ho ancora scritto, ma anch’io nel parco mi siedo vicino agli alcolizzati e ogni tanto mi chiedono chi sono, ma gentili ed educati, anche se vorrebbero fare i duri. Poi quando sentono che ho un accento da sopra il livello del mare mi parlano in inglese perfetto, imparato guardando i film alle televisioni dei centri di accoglienza.

Comunque parlavo della bionda, e mica solo perché è più bionda del biondo locale ed è una di quelle bionde che noteresti anche se fossero more, ma questa arriva e si siede tranquilla di fianco ad un alcolizzato. E in questo momento qui, in cui ho scritto ste righe qui, sono dieci minuti che ascolta l’alcolizzato e ci parla traquilla e non è mica un’assistente sociale.

Ora invece ne arriva uno con la giacca di pelle e un berretto rosa con il pon pon e c’è quello che sembra il prete alcolico di Father Ted che lo vuol prendere a pugni. Identico è, al prete alcolico di Father Ted, solo che questo ha dei calzettoni da montagna spessi come scaldapolpacci da Flashdance.

Alla fine non lo prende mica a pugni. Sono gente posata, gli alcolici olandesi, anche se vorrebbero atteggiarsi da alcolici americani.

Mi alzo perché anch’io dovrò pur torare a casa, no? e uno con lo sguardo minaccioso mi sorride e dice che gli piace il mio portatile rosso. Io sorrido e basta, però gli voglio bene.

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