sabato 21 agosto 2010

Girare

Com’è che parlano tutti di viaggi?

Non viaggi estivi, mare, ferie, che quello sarebbe anche normale, ma viaggi epici, oppure viaggi di una vita, che lasci e stai via mesi, e quando torni boh. Quei viaggi che ti fregano, perché dici che sei mesi ti basteranno per tutta la vita e poi invece no, la paturnia di girare non ti si leva più. O così dicono, che a me non è mica mai successo.

Ci sono almeno due persone che conosco che sono appena tornate dall’Islanda. E questa è la categoria epica, che vedi le foto e ti viene voglia di finirci anche tu, con ste luci e sto verde, che, avresti sempre detto, vengono bene sul National Geographic, ma la vera vita non è mica così. E poi invece guardi le foto di sti amici, che sono civili, mica fotografi, e scopri che forse la vera vita può essere così, in effetti.

E poi sta tipa e il suo ragazzo che in nove mesi faranno il giro del mondo. Al termine della prima settimana, in Ecuador, lui dice di aver già finito i soldi. Irlandese, lui. Difficile essere più irlandesi di così, da sobri.

E siccome nessuno me lo chiede, ecco il mio giudizio: non farei mai il giro del mondo, perché essere in America e organizzare l’Australia è come scegliere i dessert a metà braciola, ti mette in bocca un sapore che non c’entra.

E poi un’altra amica che va in India, lei. Lei, che non diresti che andrebbe in India, perché sembra la tipa da posti comodi, e quel giornalista là, sulle montagne di Nurata ti ha detto che l’India è il viaggio più difficile. Dice, malattie che non ti immagini, gente che esibisce la morte, caldo, insetti e infezione alimentare sicura come la cartolina a mammà. Che poi, se ci dedichi due neuroni, magari non è che sia così dappertutto, no? Che fra l’Himachal Pradesh e il Kerala c’è la stessa distanza che c'è fra Terzolas e Niznij Novgorod e comunque se vai a Goa è più vicino a Ibiza che a Calcutta. Forse il denaro è il più grande dei frequent flyer, forse.

E poi c’è chi torna a Londra, perché a Londra non ci si va, ci si torna, chi torna in Corea del Nord, e là magari è un posto dove ci si va, più che tornarci, e non è neanche che siano in tanti, ad andarci. L’anno scorso tutti andavano a New York, quest’anno invece mi sa che basta, ormai ci sono già stati tutti, e forse è presto per tornarci. Io invece non ci sono mai stato, a New York, come cantano al carnevale di Colonia, dove sono stato, tornato e non ritornerò, ancora memore del mio record d’ubriachezza di sei serate filate.

Comunque è il tema del momento anche per me. Lo scorso inverno, verso aprile, mi sono promesso di non svernare mai più completamente nei paesi freddi, e allora adesso ci si pensa.

Mi piacerebbe avere una parentesi extraasiatica, ma comunque sempre in una landa misconosciuta, dove magari si parli una lingua che si comprenda, stavolta. Per questo si diceva Guyana e Suriname. e quello si farà. Ma al contempo divento ingordo, si parla già di Australia costa a costa in treno, per finire in Nuova Guinea, cicloturismo sui Balcani, prima volta in Sicilia, ma soprattutto il Grande Progetto: volare a Dubai, testimoniare la pazzia capitalista prima di salire sul bus per Muscat, Oman, arrivare in Yemen, attraversare in nave l’imboccatura del Golfo, attraccare a Gibuti, vedere l’Etiopia, l’Eritrea, il Somaliland, finire in Sudan e scendere il Nilo fino al Cairo.

Al momento, in questa sede, si studia un'alternativa al lavoro. O un lavoro con sei mesi di ferie l'anno. E dicono che il blogghista per pochi intimi non sia contemplato fra gli albi professionali.

1 commento:

Aria ha detto...

Ecco perché vanno tutti in Islanda:
http://vimeo.com/12236680
E poi perché sono mezzi falliti e non costa più uno sproposito.
Io propongo il sud dell'Africa: Angola, Namibia, Botswana, Zimbabwe, Mozambico, un fuori rotta in Tanzania - che dopo aver letto Moravia c'ho una curiosità... - e tappa finale in Madagascar.
Zanzibar invece la boicotto perché loro boicottano Freddy Mercury.