domenica 8 febbraio 2009

Distanze e proporzioni

È passato un mese e ho cominciato a rendermene conto. Sono arrivati i libri e la guida che ho ordinato su Amazon, ho scaricato documentari, la febbre ha lasciato spazio alla ragione. Ma rimane la sorpresa. Non mi sarei mai aspettato che un solo singolo viaggio potesse cambiarmi così tanto, sicuramente non otto mesi e mezzo dalla partenza.

In fondo che sarà mai fare un viaggio? Luha è appena tornato dal Brasile, prendendosi cura di pubblicare su Facebook una e una sola foto, quella in compagnia della tipa che lo ha ospitato, vestita in costume da carnevale, un costume che se lei fosse un uomo si chiamerebbe quasi adamitico, per lei che è una donna non so. Filippo è in viaggio fra Tokyo e Kyoto mentre scrivo. Tina ormai si sposta più di una volta al mese fra le città europee e oggi mi ha scritto che in ottobre vorrebbe vedere Buenos Aires. La mia ex ha sposato un australiano (ho detto “ex” e “sposato”, capito? Devo aggiungere anche “figlia di due anni” per farvi venire i brividi?) e passa ogni anno l’inverno fra vombati e ornitorinchi. E tutti come se niente fosse. Io invece sono in estasi. Sarà che sono sollevato perché sono arrivato alla conclusione che se parto non è per non essere da meno degli altri o per avere qualcosa da raccontare, ma solo per curiosità. Per vedere qualcosa di nuovo e in fondo anche per toccare con mano cose che finora ho visto solo in foto o in tivvù. È come se dovessi assicurarmi che esistono davvero. oppure sarà che voglio provare di persona come ci si sente ad essere io il diverso, ma più ancora perché la diversità voglio vedere come è fatta.

La mia famiglia mi ha trascinato in giro per l’Europa per tutta la mia infanzia e gliene sono grato. Ma è stato proprio vedere le tante piccole differenze fra popoli così simili in luoghi così simili ad incuriosirmi da sempre verso popoli e luoghi che sono veramente differenti.

Così da piccolo collezionavo i tappi con le bandiere dei succhi Valfrutta e passavo giornate a sfogliare i sei volumi di una specie di enciclopedia che aveva comprato mia madre sulle nazioni del mondo. Un altro compare della mia infanzia casalinga era l’atlante De Agostini che mi stancavo di sfogliare solo quando mi rendevo conto che se il mio paese non c’era, chissà quanti altri paesi non ci saranno stati, il che mi innervosiva non poco. L’ho preso in mano tempo fa, il vecchio atlante senza copertina, dentro è pieno di percorsi disegnati a matita. Ora c’è Google Maps, il mio giocattolo preferito. Passo ore a contemplare città e deserti dall’alto e calcolare distanze, non in chilometri, ma a occhio, perché fin da piccolo è sempre stato evidente che durano di più i 36 chilometri di statali e provinciali fra il mio paese e Tridento dei 50 di autostrada tra il mio capoluogo e quello dei crucchi de noantri. Se poi si considerano anche i chilometri culturali il discorso cambia ancora. Direi una cinquantina per Trento e da là verso Bolzano almeno 100.

E ora la Russia. Spesso, studiando l’atlante, sono rimasto schiacciato dall’enormità di questa nazione dalle proporzioni di un continente. Tante volte ho cercato di prendere le misure, trovare un riferimento per capire le distanze in termini a me noti. Impossibile. La Russia asiatica è la più grande superficie ignota al mondo. La più monotona. A parte qualche fiume, la cui enormità viene schiacciata dalla terra circostante, nessun punto di riferimento fra gli Urali e il lago Baikal. Solo alberi e qualche paese dal nome possente e dal suono siderurgico. Tomsk, Krasnoyarsk, Novokuznetsk, Cheliabinsk. E Omsk, Novosibirsk, posti dei quali non parla nessuno da quando c’è passato Michele Strogoff. Si direbbe che là, il ferro della cortina, sia stato cromato bene. Sono città con nomi per noi facili da confondere, anche se la distanza fra una e l'altra si misura in giorni. Di chilometri culturali, fra Mosca e Vladivostok, per ora ne vedo al massimo un migliaio. ora aspetto solo di essere contraddetto sul campo.

Fra Europa e Asia poi, credo che la distanza all’inizio sembrerà addirittura nulla, sia in termini geografici che culturali. Ci addormenteremo una sera verso Ekaterinburg, per risvegliarci dalle parti di Tyumen, ben oltre gli Urali. La foresta sarà la stessa e mi renderò conto che il mio confine è soprattutto psicologico, o per lo meno immagino che sarà così. In fondo avremo cambiato continente senza neanche passare il confine di una nazione. Forse realizzerò contemporaneamente quanto sia distante da Mosca la Siberia e quanto siano vicine Europa e Asia. Almeno fino a Sühbaatar, Mongolia, dove si dice che cominci la vera Asia.

Infatti se per Tomas il motivo principale del viaggio è il treno, per me è invece la Mongolia. Ci volevo andare da un pezzo. Quando vieni dalle montagne, tutto ti appare più piccolo. Dalla cima della Paganella si vede il Lago di Garda da una parte, l’imboccatura dell’Alto Adige e la Val di Non dall’altra, con le montagne austriache sullo sfondo. Tra monti, laghi e valli, sembra di guardare un grande plastico e ti viene da chiederti se il mondo non sia davvero più limitato di quanto sembra.
Troppi punti di riferimento. In Europa è sempre così, mancano i grandi spazi e sono curioso di trovarmi in un paesaggio monotono, enorme.
E poi in Europa c’è sempre gente. Anche in alta montagna si incontra sempre un fungaiolo brianzolo o un alpinista bellunese. Ci si può sentire soli, ma non percepire la solitudine. Quello che mi aspetto dalla Mongolia è l'esatto contrario: non sentirmi solo, ma percepire la solitudine, viaggiare con un amico, ma sapere che probabilmente non incontrerai nessuno per un bel po’, perdermi nell’enormità, ma non per conto mio.

Un’enormità che mi affascina. Credo che il tema di questo viaggio saranno le distanze, le proporzioni. Tutto sembrerà più grande e più piccolo. Voglio sentire quanto sono vasti gli spazi della Mongolia, ma anche prendere le misure al mondo, viaggiando da Mosca a Pechino in meno di dieci giorni. Forse vincerà l’enormità, sarò schiacciato da centinaia di chilometri senza punti di riferimento. Forse invece il mondo sembrerà più piccolo. Dopo che hai attraversato la Russia da parte a parte è più facile concepire la vastezza del Sahara e dell’Amazzonia.

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