domenica 9 novembre 2008

Nel quale mi muovo agevolmente nel mondo della musica live

Recensire un concerto secondo criteri oggettivi non è solo impossibile, ma è anche un’enorme cazzata. Cazzata perché cazzata è non solo il tentativo di giudicare obiettivamente una cosa non logica come la musica, ma anche e forse ancor di più il fatto stesso di provare a farlo.

Si può dire “hanno suonato bene”. Ma pensandoci bene, quanto influisce veramente la qualità dell’esecuzione in un concerto? Per i virtuosisti magari anche tanto, ma per me, e mi permetto di metterci anche la maggior parte di voi, o miei uno lettori, nisba.
Dico che ci metto anche voi perché ho trovato un forum con interventi su un concerto che ho visto recentemente, e una vasta disquisizione sull’acustica ha portato alla sola conclusione che tutti avevano un’opinione diversa. Ne deduco quindi di non essere l’unico a non averne un’idea.

Gli ostacoli all’obiettività sono tanti e benvenuti. Il luogo, la gradazione alcolica del sangue, la stanchezza, la compagnia, la familiarità con i dischi dell’artista. Un concerto di musica classica, se visto in uno stadio, con dieci amici e parecchia birra in corpo, non può che far schifo.

Quante ovvietà, no? Perdonatemi. Mi serve solo per parlare del concerto di venerdì permettendomi di non esprimere un parere che non ho e che non mi interessa avere. O meglio, il mio parere ce l’ho, decisamente positivo, ma mi rendo conto che riflette più la situazione che la prestazione.

La verità è che se non fosse venuto Tomas mi sarei divertito la metà. Tomas è un amico dell'Erasmus, l’Erasmus è finita quasi sei anni fa, ma Tomas e io ci incontriamo ancora più di una volta all’anno, ovunque l’uno o l’altro si trovi al momento. Ci siamo ivisti a Colonia e io sono andato a trovarlo a casa sua in Svezia, mentre lui è venuto a trovarmi dove ho studiato, poi in Toscana, ad Amburgo, a Dublino e ora ad Amsterdam.

Un ottimo amico: uno che sa usare il cervello, ma non si prende mai troppo sul serio. Una dote che spesso a me manca. Uno col quale posso passare una giornata a parlare, oltre che un uomo dalle mille storie. Tanto più stavolta, dopo che è stato sulle prime pagine dei giornali svedesi dopo aver recitato nel ruolo maschile in una storia di mobbing, sesso e sindacati. Roba che in Italia ne basta la metà per essere rispettato, riverito ed invitato in qualche isola piena di brutta gente.

Quando Tomas mi ha detto che sarebbe venuto a trovarmi ai primi di novembre, gli ho risposto che per quel fine settimana avevo già i biglietti per un concerto di un gruppo electropop brasiliano e lui, appassionato di Rufus Wainwright e Billy Bragg, nonché ottimo musicista, ma sempre aperto alle novità, soprattutto quando suonano strano, ha accettato senza pensarci un secondo.

E poi è venuta anche Aurélie, la mia nuova collega francese, che non ce la faceva più a restare da sola nella casa offertale per il primo mese dalla ditta, nella bucolica Ouderkerk aan den Amstel.

E per una volta conoscevo bene le canzoni. I due album dei CSS sono stati per un paio di settimane la colonna sonora perfetta per andare a lavorare in bici. Tant’è che mentre suonavano mi veniva in mente il tratto preciso del tragitto nel quale quella canzone passava, visto che, mettendo sempre l’album quando parto da casa e percorrendo ogni volta lo stesso tragitto, i pezzi successivi iniziano bene o male allo stesso punto.

E la birra era buona. Tomas ci teneva a provare quelle belghe per una volta che era libero dagli stretti vincoli antialcolici scandinavi.

Quindi l’atmosfera era quella giusta. La sala grande del Melkweg era illuminata stile abat-jour di una luce azzurrognola, rilassante e quasi marina. Il gruppo ha suonato solo un’oretta, ma è stata un’ora piacevole, come può essere solo un’ora di musica semplice e ben ritmata, quando si conoscono tutte le canzoni.

Una delle cose che mi piacciono della musica è che anche se uno fa un errore mentre suona, come ne hanno fatti tanti i CSS, l’esibizione non risulta per nulla compromessa. In una gara di pattinaggio artistico basta uno svarione per compromettere la prestazione. In un concerto no. Niente tensione. L’importante è il risultato complessivo. Mi fanno ridere quelli che odiano il calcio e poi giudicano un concerto secondo i criteri puramente sportivi della prestazione. La musica è soggettiva. Puoi aver fatto tre gol per me e magari zero per il mio vicino.

Cosa ricorderò di questo concerto? Che alla fine Aurélie ha perso l’ultimo bus e abbiamo fatto le cinque per farle compagnia, come ai buoni vecchi tempi. Che Tomas e io abbiamo promesso di rivederci sulla Transiberiana. E una delle caratteristiche di Tomas è che ama trasformare in realtà le idee più strane.

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