giovedì 4 febbraio 2010

Spendere soldi

In Trentino si dice che i nònesi siano tirchi. Pare che sia stato uno di Fondo a vendere Cesare Battisti agli austriaci. Cesare Battisti quello delle vie, non quello che se ne sta in Brasile e vorrebbero libero perché in carcere ha tempo di scrivere libri. Libri a parte, dicono che il motivo sia quello, per dire che i nonesi sono tirchi. Sarà, ma per me i solandri sono peggio.

Comunque io più che tirchio sono ascetico, nel senso che, per citare Cherubini, non c’è gnente che ho bisogno.
Però la cosa sfava. Perché i miei amici si comprano tutte ste cose, fanno piani e progetti mentre io me ne sto qui e vivo di internet e crechers, che sono uno gratis e l’altro più a buon mercato del pane.
Così un po’ alla volta, ho deciso di spenderli, sti soldi, che non è che ne guadagni così tanti, ma a non usarli mi si inflazionano e fra qualche anno non ci compro più niente. Come dire che è l’avarizia a spingermi a spendere.

Ho cominciato con i vestiti. Da quando sono rimasto singolo ho deciso di aiutarmi a prevenire l’ingresso nella mia vita di ragazze normali, scoraggiandole con un abbigliamento fatto di roba di seconda mano (che tanto costa come quella nuova) e scarpe colorate. Sono partito con le magliette dell’Acca & Emme, quelle monocromatiche da abbinare, con l’etichetta con un Made in sempre diverso. Ho preso un Bangladesh, una Lituania e una Polonia, al prezzo totale di €15 meno 30 centesimi, poi, sempre nel segno dell’etica, ho deciso di evolvermi e passare alla policromia. Due, tre, anche quattro colori, ma sempre a colori, da avere sempre una tinta pronta per ogni giorno, tanto che ora la mattina a vestirmi ci metto un quarto d’ora. Ho perfino comprato un paio di scarpe, che ormai sopravvivevo da mesi con le Onitsuka blunerobiancogialle con il buco in bella vista sul cofano.

Sui libri invece non ci ho mai risparmiato e da quel punto di vista non c’è stato bisogno di spingermi più di tanto. Mi sono addentrato nei meandri delle librerie online italiane, senza per forza aspettare di tornare a casa con la valigia vuota per non pagare spese di spedizione e usufruire dello sconto parenti alla liberia di mia cugina.

La vera novità sono i divvuddì. Io film non ne guardo, non per snobberia, ma perché non sarò mai in grado di passare due ore seduto a fare la stessa cosa. Il divvuddì è meglio del cinema, perché posso premere il pulsante con i due rettangolini verticali ogni volta che faccio una pausa pisciata, o vado a prendermi una belga dal frigo, o controllo il risultato del posticipo su internet, ma resta sempre il problema del supporto, perché anche se occasionalmente posso rimanere in apnea per un film intero, non ce la farò comunque mai a rivederlo un’altra volta. E non mi piace comprare ad occhi chiusi. Però ultimamente ho deciso che volevo rivedere Down by Law, perché ho sempre adorato chi smerda le persone serie sparando cazzate e anche, diciamocelo, signora mia, perché un Jarmusch in salotto conferisce un certo tono, là fra i sessi e le città di Lilù, la storia sociopolitica del calcio, il Trans-Siberian Handbook e il ciddì di Felix Lalù. Allora ho deciso di comprarmi il cofanetto con tutti i film, così ho anche quello sulla turnè di Nigliang, quello sui tassisti di notte e comunque 50 euro diviso 9 dischi fa tipo 5 euro a cerchio.

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