mercoledì 10 febbraio 2010

La vecchia pazza di Chiesavecchia sull'Amstel

A Chiesavecchia sull’Amstel ci abiti se sei olandese, ricco e anziano. Per i primi Chiesavecchia sorge in mezzo alla natura, ma sempre senza perdere di vista lo stadio e offre un mondo com’era ai bei tempi, quando invece di stare bene come ora si stava supermegabene. I secondi possono trovare tante casette accoglienti e luminose con giardino d’ordinanza, ristoranti esclusivi e attracchi per oggetti galleggianti. Per i terzi basta la lontananza dal corrotto centro d’Amsterdàm.

Io per la cronaca non ci abito, ma cinque volte in settimana ci accendo un computer che ha come sfondo una fotografia delle Dolomiti dalla finestra del bagno dei miei. Poi lavoricchio con calma, faccio qualche telefonata e qualche ora dopo il paese lo lascio per tornare a casa, anche se so che il giorno dopo ci tornerò.

Chiesavecchia è un ottimo esempio per interrompere chi attacca con i soliti monologhi che cominciano affermando che qui tutti parlano inglese e di solito proseguono dicendo che se provi a parlare olandese la gente ti risponde in inglese. A Chiesavecchia non si parla inglese. Neanche se lo si sa, come la cassiera del Plus, quella che sopra il seno porta steso un cartellino con scritto Corrina e che dopo più di un anno e mezzo nell’idioma autoctono interviene nella lingua di Bristol e Bangalore per dirci che visto che siamo clienti fedeli può darci il doppio dei bollini per vincere l'animaletto di pezza. In olandese non avremmo capito il discorso, così dopo aver visto lo sguardo crucciato di Lilù, ha intuito una situazione di necessità e solo allora è intervenuta con la lingua di sicurezza. Il giorno dopo ero in fila da Marija, ma dietro la schiena ho sentito Corrina dire a Bernd, che come tutti i tedeschi l’olandese lo parla, di portare i punti alla ragazza che parla inglese.

A Chiesavecchia ho avuto l’illuminazione di mettermi a studiarla, la loro lingua, il giorno in cui nel municipio di mattoni marroni sono riuscito a farmi dare la patente olandese parlando una specie di pidgin tedesco. Era un’offerta troppo allettante, da 3 x 2, compra inglese e tedesco e ricevi l’olandese quasi gratis.

E mi sono perso di nuovo, perché non è di lingue che volevo parlare, ma di pazzi. Perché di pazzi ne girano parecchi sui banchi selvatici del fiume che si chiama come la birra. Per lo più si tratta di demenza senile. Su tutti svetta la vecchietta colorata, che gira ogni giorno con vestiti diversi, sempre colorati, arancio, verdi, rossi, di foggia assurda. Cappelli arancio che le colano addosso, giacconi di pelopiuma fuxia, campanelli, stivali di gomma fosforescenti. La vecchietta colorata passa quasi ogni giorno e tutti le vogliono bene. Perché qui l’emarginazione non dico che non ci sia, ma i suoi criteri non si basano certo sulla stranezza. La vecchietta conosce tutti, parla con tutti. Gira per strada e tutti la salutano. Lei fa appena un cenno, ma in compenso libera un sorriso rasserenante.

E la vecchietta l’ho incrociata anche oggi, proprio sulla soglia del Plus. Che poi ti chiedi se le porte elettroniche, quelle che si aprono da sole, ce l’hanno una soglia. Mi sa di sì. Comunque la vecchietta, oltre alla consueta impalcatura di vestiti, aveva una borsa di lattice arancione con grandi buchi, con topi di plastica arrampicati a mezz’asta.

L’ho guardata mentre parlava con qualche mefràu e mi è venuta in mente sta cosa, così, dopo tutto sto tempo che la vedo in giro. Vuoi mettere, mi è venuto in mente, vuoi mettere che la vecchietta non è matta? Vuoi mettere che sembra pazza per noi, che non capendo cosa dice la dobbiamo giudicare dai vestiti?

E mi sa che è proprio così, non è pazza la vecchietta. Se prendo coraggio provo a parlarle in inglese, per vedere se c’è o ci fa. Secondo me lo parla, lei, l'inglese. Basta solo incoraggiarla. Altrimenti non saprò mai se è matta o normale.

1 commento:

Anonimo ha detto...

Poi facci sapere.
Ciao!