lunedì 17 giugno 2013

Weekend in famiglia (la sua, quella paterna)



Fra le tante cose che ho fatto lo scorso fine settimana spicca la visione di un documentario sul f-i-s-t-i-n-g (i trattini per allontanare il pornologhi dal blogghe) in compagnia di Lilù, sua sorella minore e i genitori. È stata proprio la sorellina a scaricarlo per la visione pubblica, dopo averci incuriositi tutti, parlandone per giorni.

Il f-i-s-t-i-n-g è stato un po’ il tema dominante di questo fine settimana presso la famiglia paterna di Lilù, l’argomento è stato trattato a più riprese da grandi e meno grandi, con la massima naturalezza. Ovviamente mi riferisco al f-i-s-t-i-n-g parlato, non quello giocato. 

La cosa che stupisce è proprio questa, un raduno di tre generazioni in cui tutti discutono come coetanei. Dalle mie parti, fra le generazioni ci sono determinati limiti. Gli anziani giocano alle carte, parlano di campagna e ricapitolano la genealogia del paese, gli adulti dibattono di politica, stufe in maiolica (il vero status symbol alpestre) e calciatori di una volta, mentre i giovani discutono di bere, macchine e calciatori in attività. L’unico momento di comunicazione fra le fasce d’età è quando gli anziani si informano con tono grave e fare accigliato sulla situazione famigliare o lavorativa delle altre generazioni.

Quassù invece le generazioni comparano smartfoni, bevono birra, vino, sciampagna, pastis, miscugli di sciroppi e alcolici. Intanto la sorellina si informa se le nipotine quindicenni sanno cosa sia un sessantanove.
E la nonna si è lasciata strappare per un giorno ai rossi campi del Roland Garros, dove anche quest anno è riuscita a farsi inquadrare in mondovisione, mentre incoraggia Tsonga e Monfils a voce alta e gesti potenti, col viso dipinto del tricolore cugino del nostro.

Ma anche qui come ovunque si parla delle ultime novità di famiglia: una zia chiede se la cugina è ancora sposata o se nel frattempo è divorziata, come a presumere che il divorzio sia inevitabile, in una famiglia. In effetti, sia i genitori che tutti gli zii paterni e materni di Lilù sono divorziati, e lo sono anche le uniche due cugine ad essere già state sposate. A dire il vero uno che non è divorziato ci sarebbe. Si tratta dello zio omosessuale, che è morto prematuramente, ma almeno fra le braccia del compagno.

Ecco, questo scenario potrebbe inorridire il novanta per cento degli italiani, ma in realtà non ci si sta male, in questa famiglia dove se parli di religione ti guardano preoccupati, e parlare di foga (la O sempre per quelli di prima) con gli anziani è divertente e istruttivo.

Verso fine serata, Lilù mi chiede se chiamerei mio figlio Anakin. Il cuginetto decenne la blocca subito inorridito. È la forza dell’empatia, per lui che porta il nome di un autoveicolo. Pare che alla sua nascita, il resto della famiglia abbia protestato per la scelta onomastica, segno confortante che la libertà in tema di sesso e religione non implica l’accettazione passiva di qualsiasi idiozia.

5 commenti:

claudia ha detto...

scusa, ma non puoi non dirci come si chiama il cugino, dopo averci descritto tutto il resto nei minimi dettagli! Citroen? Renault? Biemdabeliu? :-)

Felix Lalù ha detto...

Ritmo?
Picasso?
Range Rover??
e poi, l fisting parlato è quello in cui si infila un pugno nella bocca di chi parla o mentre si parla?

bastian contreras ha detto...

È un modello della Dacia, "una autovettura berlina a 3 volumi prodotta a partire dall'autunno del 2004" [Wikipedia].

Quanto al fisting parlato, sta a quello giocato come Biscardi sta a Totti, o come il Dopofestival sta a Glastonbury.

Felix Lalù ha detto...

allora si chiama più come una di biutiful, che forse è pure peggio
poi scusa, non ci arrivo, al fisting parlato intendo. troppo da pensare, lo sai che non siamo più i ghepardi de na vorta.
o ci sono parole che non si possono scrivere nei commenti?

bastian contreras ha detto...

Il fisting parlato entra nel campo dell'opinionismo, si tratta di sviscerare il fenomeno (però in senso figurato, eh!), fornire elucubrazioni, opinioni ed analisi in merito. È proprio la scientificità con cui se ne parlava, oltre al fatto che lo si facesse in famiglia, che mi stupiva. Vojo dì, nessun "oddio!" o "che schifo!": se ne parlava con serietà,pacatezza ed espressioni accigliate.
Roba che Vespa non potrebbe neanche dedicarci una puntata, tanto è antitelegenico.