domenica 26 febbraio 2012

Ostriche

Paul Theroux, che è uno che è stato straniero per molti anni, scrive che a vivere lontano da dove si è cresciuti spesso ci si sente come bambini. Ora, non è che voglia fare l’intellettuale e schiaffare riferimenti letterari qua e là, il fatto è che è mentre lo leggevo ho pensato “cazzpita, è proprio quello che sta succedendo a me”.

Theroux parla di situazioni in cui non conosci la lingua, ma un po’ è anche il mio caso, perché dell’inglese che parlano Shane e gli altri qui a Baiafumosa si estrapola sì e no una parola ogni quattro.

Però ci sono momenti in cui anche qui mi sento a casa. Perché Baiafumosa è la versione marittima della mia Valle. C’è il mare invece dei monti, lo squalo al posto dell’orso e invece di coltivare mele, si allevano ostriche. Proprio con le ostriche lavoriamo io e Lilù. E con Shane, e Matty e Jai che si pronuncia Joah.

Loro sono i giovani del luogo, i ragazzi del baretto, e me li immagino al Bar da Lori a stazzare con quelli del mio paese. Ce li vedo bene, a bere birra e parlare di calcio. Giusto che da loro il calcio si gioca in canotta, con una palla ovale e quattro pali al posto della porta. E soprattutto parecchio contatto fisico, così che hanno ribattezzato “gayball” il nostro sottile gioco di falli tattici e cadute in area. Un gioco da bambini, appunto, o da donnette. O da stranieri, che si sa sono buona gente, ma bisogna insegnargli come stare al mondo.

Così ogni tanto ci si sente un po’ come bambini, quando si chiedono spiegazioni su come eviscerare un pesce o sulle regole del footie. E però dura solo un attimo, perché dopo lavoro ci si fa una birra insieme e tutti i confini cadono. Si smette di sentirsi stranieri, o bambini, che in fin dei conti Shane ha un anno meno di me.

1 commento:

Annamarayah ha detto...

;)