venerdì 21 gennaio 2011

Storie di camere d'aria

Ultimamente arrivavo sempre in ufficio con qualche minuto di ritardo. Credevo di essere ancora debole dopo la malattia che mi sono portato da Stoccolma. Per quanta forza scaricassi sui pedali della bicicletta, il contachilometri non arrivava mai ai 20 all'ora.

Poi mi sono accorto che la gomma posteriore era leggermente sgonfia. Prima solo un po' morbida, tanto che non ero neanche sicuro che lo fosse davvero, poi sempre di più, finché ho cominciato a percepire i rilievi delle biciclette stilizzate dipinte sulla ciclabile.

Poi, passando davanti al MacBike mi accorgo che hanno una pompa da usare gratis e sai che ti dico? Quasi quali mi ci fermo. Anche se fra venti minuti avrei un appuntamento dal dentista, che ha accettato di convertire 80 euro della mia vita in una capsula uguale a quella che mi è saltata ieri sera.

Il MacBike è una delle grandi istituzioni di questa città ciclabile, una di quelle che traggono più euro dalle borse dei turisti. Affittano quelle biciclettine rosse tutte identiche, che solitamente vedi procedere in linea ubriaca e con un rapporto troppo morbido, dirette da stormi di turisti che scampanellano a caso nella felicità di sentirsi per un fine settimana olandesi fra gli olandesi. Per una volta il MacBike tornerà comodo anche a me.

La pompa è un pezzo di ottone con due valvole e io non riesco ad intuire dove fare pressione. La fretta mi fa ancora più pigro e decido di fare un veloce salto nel negozio e chiedere istruzioni.

Tolgo la chiavetta del blocco per la ruota posteriore e scatto, sbattendomi la porta alle spalle. È la fretta a parlare per me, in olandese. “Ruota… Buco, pompa?” Risposta “Entschuldigung, können Sie bitte wiederholen?” Non fosse per l’accento indubbiamente olandese, direi che mi ha risposto in tedesco. Chissà, forse viene dal Sud. Stavolta mi ci metto con più lena, faccio “Dunque, c’avrei la ruota sgonfia, ma non capisco come funziona la pompa”. Lui mi risponde di nuovo in tedesco, allora io, in un inglese d’emergenza, giusto perché non mi va di passare per tedesco: “Oh, sorry, du iù speck ingli?” “Ah, ma sei italianoooo!” - Esiste una lingua che quest’uomo non parli? Faccio per riportare il discorso sulla gomma, e quello mi fulmina “vieni dal Trentino?” Alché io, con tutte le sindromi di inferiorità di uno che viene da un posto che per i telegiornali non esiste e per l'italiano medio è un po' in Veneto e un po' in Germania, decido di regalare 5 minuti di pausa al dentista e chiedo delucidazioni. “Come hai fatto a capirlo?” “No, niente, il mio collega è trentino”. Risposta banale, per uno che sperava di aver dato lustro al patrio suolo. “Vabbè, salutamelo. Sai, siamo in pochi laggiù, capace che lo conosco”. Mi dice di tornare domani per salutare il conterraneo, io gli rispondo che domani lavoro, ma tra una settimana finisco e vado volentieri a far comunella con uno di noialtri.

Parto e il cronometro va subito sui 20. E infatti questa non è una storia con una morale, ma con una conclusione fisica: una gomma gonfia spinge una bicicletta ad una velocità superiore del 20% rispetto ad una anche poco sgonfia. E pare poco, ma sono i 10 minuti che ti evitano la predica del capo perché sei arrivato ancora con nove minuti di ritardo.

E poi, a proposito del capo, la storia non finisce mica qui, perché la ruota regge per un'altra quindicina di chilometri, sgonfiandosi di nuovo impercettibilmente, fino ad abbandonarmi del tutto la mattina dopo, lungo l'Amstel, nell'unico punto lontano da tutto, dove non passano neanche i mezzi pubblici. Già in ritardo, mi tocca telefonare al capo e farmi venire a prendere con quella Volvo familiare che ormai solo lui ha.

È un periodo un po’ così. Si tratta di tirare avanti ancora una settimana e poi avrò tempo di riposare.

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