lunedì 1 dicembre 2008

Lessons learned from Berlusconi II to Berlusconi III

Sempre in vena di filosofia da €0,99, riconsideravo tempo fa il mio status di italiano da due anni e mezzo all’estero.

Lasciai il patrio suolo alpestre il 23 aprile 2006. Era tempo di grandi eventi. Il governo Berlusconi stava finendo un’intensa legislatura e si era preparato alle elezioni con una formazione che il boss avrebbe calcisticamente disapprovato: un albero di Natale con il suddetto come prima punta e Casini e Bossi, reduce da un lungo infortunio nei panni di mezzepunte arrugginite e poco affiatate. Dietro di loro una mandria di difensori veloci a marcare attentamente a uomo, per poi ripartire in attacco a sostegno del bomber appena possibile.

Dall’altra Prodi era tornato da una serie di stagioni all’estero instaurandosi subito come regista di un attento catenaccio e ideatore di un mercato scoppiettante, che aveva registrato l’acquisto dell’attaccante Bertinotti e del discusso Mastella, spesso accusato di sapersi esprimere al meglio solo giocando in casa (nella provincia di Benevento).

La compagine sinistrorsa aveva accumulato subito un cospicuo vantaggio in classifica, spinta dall’entusiasmo per il ritorno del vecchio capitano, per poi asserragliarsi attentamente nella propria area. Gli altri avevano passato il resto del campionato ad attaccare, avvelenando l’aria per i tifosi delle due compagini, sempre più divisi ad ogni parola del bomber azzurro, che nel corso della partita decisiva era andato molto vicino al cartellino rosso dopo aver insultato la curva dei tifosi ramettati.

Ora ci sto scherzando, ma ai tempi l’atmosfera non faceva affatto ridere. Ne succedeva ogni giorno una, nei bar si parlava solo di politica da bar e la maggior parte di noi attendeva il giorno delle elezioni come a Roma ai tempi della guerra avevano atteso i cioccolatai a stelle e strisce.

Tanto più che Prodi aveva poi sì vinto, ma proprio per un pelo, e sarebbe stato soggetto alle usme dei rappresentanti delle varie sfumature del “non ci sto”. Così stavano le cose al momento della mia partenza.

Poi nel giro di tre mesi mi era quasi venuta voglia di tornare a casa. Prodi teneva, il nuovo presidente della repubblica era un ex partigiano, la Juve era passata dallo Scudetto alla Serie B ed eravamo campioni del mondo. Battendo la Francia e trasformando l’addio di Zidane in estrema unzione.

Tempo due anni però eccoci da capo. La Juve torna in A, Le prendiamo dalla Francia nella prima partita dopo il Mondiale e soprattutto torna l’Innominabile.

A queso punto però avevo iniziato a concepire la politica come nel resto d’Europa, come una cosa piacevolmente, confortevolmente, rinfrescantemente noiosa. Niente imitazioni in televisione, niente urla, opinionisti preparati e comunque sempre chiedere un’opinione a chi è in grado di esprimerla, non ai passanti o a Crepet. Ma soprattutto la prima. L’assenza delle imbarazzanti imitazioni della Guzzanti e degli epiteti di Psicogrillo implicano già una riduzione significativa dell’esposizione mediatica del nostro odiato eroe.

Niente “I am Italian and President Berlusconi in NOT speaking in my name", ché tanto lo sanno tutti che non lo abbiamo votato e comunque nel loro paese a votare ci va sì e no il 50% degli aventi diritto e vi assicuro che se il nostro president non sanno neanche chi sia.

La ricetta è semplice. Basta non votarlo. Per il resto fai finta di non vederlo, proprio come ti dicevano di fare i genitori con il ragazzino bullo nella cassetta della sabbia.

E magari, prima di lamentarti che sono tutti ladri, smettila di stracciarmi metaforicamente il cazzo e vai a pagare quella multa, invece di dire che vivi in un paese di ladri e i caramba se la prendono solo con chi non è in grado di difendersi.

Questo ho imparato, ma forse no, visto che io che a ste cose ci tengo tanto l’ultima volta che sono stato dal barbiere, quando il buon Umberto mi ha chiesto di fare una ricevuta sola fra me e mio fratello, non sono stato in grado di dirgli di no. Io che affitto appartamenti per le vacanze in Val di Sole per conto di uno che è costretto a farlo in nero perché deve pagarsi ancora le multe per l’evasione della sua attività precedente.

1 commento:

Felix Lalù ha detto...

grande la metafora calcistica, è perfetta
in fondo il catenaccio è rpima un'attitudine che una tattica
è proprio del non far di più che se no si fa fatica e non serve.
mi affitti una casa in val di sole? no, scherzo
stame ben
"dal vangelo..." ci sta appalla, eheh