giovedì 23 ottobre 2008

I Sonic Youth a Bolzano!

Dove eravamo rimasti? Ah sì, il concerto.
Come sottolineato nell'articolo di giornale uscito due giorni dopo sul Trentino, si tratta di un evento che unisce stili e generazioni.
La settimana prima del concerto il mio amico Franz mi manda una mail parlandomi del figlio quindicenne di una sua amica che vorrebbe andare a vedere i Sonic Youth, ma non trova un passaggio in macchina.
Con la mia mente torno alla sua età, quando ascoltavo solo e unicamente i Beatles e in tutta la Valle pochissimi conoscevano il panorama musicale che va oltre i soliti nomi. Quando c'erano i grunge che conoscevano solo i Nirvana, i punk che ascoltavano solo Rancid e i metallari adepti dei Metallica.
Certo, a quei tempi se volevi ascoltare qualcosa dovevi comprare il CD, anche sa da lì a poco sarebbe scoppiata la rivoluzione della masterizzazione, ma i miei amici e io siamo felici di fare questo piacere al ragazzino, sperando di portarlo ancora più vicino al verbo di sonorità diverse dal vascorossismo imperante.

Fra lui e David ci sono più di 20 anni di differenza ed è questo che intendo come unione di stili e generazioni. Si tratta di un evento storico per la musica trentina e altoatesina.
È vero che proprio quest'anno Bob Dylan ha suonato a Trento, ma Dylan lo conoscono tutti e molti sono andati a vederlo per il personaggio, non per la musica. I Sonic Youth invece attirano solo i cultori della musica non eccessivamente orecchiabile.
Si incontra tanta gente che si conosce, è il ritrovo di una comunità che è ristretta e minoritaria nei paesi dai quali proviene, ma che riunita in un unico luogo fa la sua porca figura. Siamo duemila, contro i mille previsti inizialmente, i biglietti sono esauriti e alcuni di noi hanno visto uscire Evol, altri come me sono nati pochi anni prima dell'uscita di Confusion is Sex. Ma la maggior parte è nata ancora dopo, diciamo circa in epoca A Thousand Leaves. C'è chi li conosce attraverso i Nirvana, chi segue la scena noise, qualche nerd appassionato di musica complicata, gente dei centri sociali, artisti pop, forzati dell'alternatività. Fra una cosa e l'altra però ci sono tutti.

Prima e dopo il concerto la comunità si avvicina, si conoscono amici di amici, si incontra l'alunno del famoso prof di religione che per hobby produce gruppi dai nomi satanici (a udienza: signora, dica a suo figlio che hanno ucciso il chitarrista dei Pantera), nella zona industriale di Bolzano si ha modo di meravigliarsi per il numero di persone che indossano la stessa maglietta che di solito ti piace perché ti fa sentire diverso. E si sa, il rock è fondato sulla maglietta.
È uno di quei concerti dove tutti i chitarristi frustrati incontrano un bassista e un batterista e fondano un gruppo. Con un po' di dedizione può nascere una scena locale anche in un posto dove la popolazione è così dispersa.

La Stahlbau Pichler, che non è il nome di un gruppo metal, ma un'acciaieria, alla faccia dell'acciaieria ha un'architettura che neanche Frank O. Gehry.
Oltre ai già citati, sono in compagnia di Daniele, un amico che si interessa di privacy e mi tocca quindi menzionare con il nome di battesimo, nonostante tutti lo chiamino per cognome.
Daniele, anzi, il Daniele, almeno questa concedetemela, conosce i sonicissimi solamente per sentito nominare dalla Fabry e me, ma fra i nostri è probabilmente l'orecchio più raffinato, vantando pluridecennale militanza come trombone nel corpo bandistico dal suo paese.
Varcata la soglia dell'acciaieria, gli immancabili stand di wurstel e birra Forst conferiscono al tutto un'aria più alpestre, per me aria di casa. È proprio in fila per la birra che ci perdiamo metà del gruppo spalla, Golden Juckle Age, che suonano tipo i Tangerine Dream, ma senza sintetizzatori, solo con basso e sassofono dritto (tenore?). A me piacciono. Solo a me, a quanto pare.

E poi attaccano i Sonic Youth. Steve Shelley è l'unico che sembra sentire la senilità, anche se è comunque un altro uomo rispetto a quello che il giorno prima si aggirava con l'aria persa per Bolzano. Anche la voce di Kim non è perfetta, ma come tutti quelli che non leggono Chitarre ben sanno, chissefrega di come suonano, l'importante è che creino un'atmosfera.
E l'atmosfera c'è, un amico di David, ultraquarantenne, parte a pogare. Il tipo vestito da truzzo davanti a me invece sembra spaesato, ma anche interessato.
Thurston si diverte come un bambino a giocare con le bacchette della batteria sulle chitarre (una diversa per ogni pezzo, ognuna con un'accordatura differente), fa quasi tenerezza.



C'è tanto Daydream Nation, compresa l'intera Trilogy, e molto dell'ultimo album. A dire il vero potrebbe sembrare che la memoria dei ragazzi si sia interrotta prima degli ultimi due tour (Rather Ripped e la replica totale di Daydream Nation), se non fosse per un paio di brani del primo album piazzati strategicamente all'inizio e alla fine.



Il bis inizia con due pezzi inediti, No Way e Mars, che mi rifiuto di giudicare prima di sentirli di nuovo, poi 100% è l'unica concessione a chi non conoscendo la band si aspettava i vecchi classici. Poi Kim canta Shaking Hell come farebbe Lydia Lunch e si levano le tende.



Siamo tutti soddisfatti, perché a dire il vero al fatto che i Sonic Youth suonassero davvero a Bolzano non ci credeva nessuno fino all'inizio del concerto.

Ah, dimenticavo, il tipo al basso era Mark Ibold dei Pavement.

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