mercoledì 17 settembre 2008

L'Europa in verticale


Uno dei motivi per i quali mi definisco un bastian contrari è che a scuola ero solito studiare i capitoli dei libri di testo che il professore ci aveva concesso di saltare, ma non riuscivo a concentrarmi su quelli che facevano parte del programma.
Non era un impulso nato da razionale disobbedienza, ma una specie di riflesso incondizionato.
Ora che lavoro, le cose non sembrano essere cambiate: continuo a fare fatica a concentrarmi su quello che mi viene imposto di fare. Non si tratta di pigrizia, non passo il tempo a fare nulla, è più che altro una tentazione, costituita da mille blog e rubriche, aggiornati ogni giorno, da leggere sui siti di giornali e riviste internazionali.

Non serve un cervello per constatare che il contenuto dei siti dei maggiori quotidiani è giornalismo al botulino, grammatica scaduta, tematiche marce e linguaggio fermentato. Gossip, chiacchiere, cronaca nera, concorsi di body painting, donne che protestano nude e ogni scusa immaginabile per tentare i nostri istinti più naturali.
Ogni giorno però, per alzare il livello, o più probabilmente per attirare anche un altro tipo di pubblico, vengono pubblicati anche alcuni articoli tratti dal giornale cartaceo, solitamente di ottima qualità.

Ad esempio, su Repubblica è ormai tradizione consolidata riportare i reportage dei viaggi di Paolo Rumiz. Rumiz ha esordito per Repubblica negli anni ‘80 come inviato nei Balcani, posizione nella quale si è fatto un nome durante la guerra in Jugoslavia, per poi spostarsi ulteriormente verso Est durante la guerra in Afghanistan. E l’Est è una tematica ricorrente nei suoi servizi. Nel 2001, sotto l’influenza di birra di quella buona, ha organizzato una pedalata di 2000 km da Trieste ad Istanbul, in compagnia del vignettista Altan e di un certo Emilio Rigatti, cicloturista praticamente professionista. Repubblica ha poi pubblicato un reportage sul viaggio, suddiviso in puntate quotidiane corrispondenti ad ogni tappa.

Rumiz ha poi la dote o il culo di essere sempre al posto giusto; il suo viaggio verso Istanbul ha come tema il contatto fra Europa e Oriente islamico e l’ultima puntata, nella quale Altan arranca verso il centro di Istanbul esclamando “Allah Akhbar” è datata 29 agosto 2001, alle porte del fatal settembre.

Da allora il reportage estivo diventa una tradizione. Io Rumiz l’ho incontrato, almeno metaforicamente, quando ha scelto di percorrere la distanza della Transiberiana in treno senza oltrepassare il confine italiano, accompagnandomi nelle pause pranzo durante un lavoro estivo come guida turistica in alta Val di Non. È stato là che mi sono lasciato coinvolgere dal suo stile descrittivo, lirico, ma dinamico, idealistico al punto da sembrare opera di un diciottenne. Rumiz descrive quello che vedono i suoi occhi e quello che vede la sua mente.

Quest’anno ad agosto la mia azienda ha perso il cliente principale e ho avuto così tutto il tempo necessario per seguire il nuovo reportage. La traversata dell’Europa in verticale, dal Polo ad Istanbul, sempre pochi chilometri al di là del confine dell’Unione Europea, in Russia, Bielorussia, Ucraina, incontrando gente e sovvertendo, fra regali dati e ricevuti, il contenuto di uno zainetto, unico riparo del viaggiatore leggero e senza pena.

Anche qui Rumiz è al posto giusto al momento giusto. Durante il viaggio, ben due persone gli preannunciano l’attacco della Russia in Georgia, avvenuto nel periodo fra la fine del viaggio e la pubblicazione degli articoli. È come se i russi avessero saputo che stava per succedere qualcosa. Le stesse persone che sembrano aver scelto Putin senza sapere che è un mezzo criminale, si rivelano tanto coscienti di quanto sta succedendo, quanto impotenti, proprio come avevano affrontato il mostro sovietico.

All’inizio della lettura mi chiedevo molto ingenuamente cosa ci sarà stato da raccontare di un viaggio attraverso luoghi non segnati sulle guide, poveri di abitanti e ricchi di natura. D’altra parte non si può scrivere per un mese descrivendo alberi e laghi. Invece il nostro eroe è un campione nell’intortare gli sconosciuti, attacca bottone con i passanti e spesso viene ripagato con una storia e un invito a cena. Ama mettere il culo fra le pedate e quando in Ucraina gli capita di seguire una rissa fra criminali locali, si porta ancora più vicino per sondare il terreno.

Così la storia scorre rapida, fra descrizioni dinamiche attraverso i finestrini del treno e incontri più o meno casuali, imprevisti e soluzioni altrettanto impreviste, attraverso Murmansk, la Carelia, le tre repubbliche baltiche fino a Kaliningrad, la Bielorussia e l’Ucraina lungo i Carpazi. Tradizione e modernità, inclusi ed esclusi, est e ovest. E alla fine tutto si unisce, fra treni, natura, gente.

Nessun commento: