lunedì 5 maggio 2008

vivere e lavorare in irlanda

ogni volta che torno in italia mi diverto a leggere le statistiche sui paesi più vivibili d'europa.

statistiche di questo genere sono oro per i giornali, perché permettono di semplificare un discorso complicato come quello sul benessere e di sparare a zero sulle condizioni del nostro sudato paese.

in queste statistiche la cara vecchia irlanda risulta invariabilmente uno dei paesi più virtuosi.

a dire il vero, per chi in irlanda ci vive la cosa non può che far sorridere, come un appassionato di vini che smaschera un sedicente sommellier.

ovviamente in queste statistiche l'indicatore principale della vivibilità di un paese è il suo stato economico e non si può negare che gli irlandesi siano ricchi.

le prime due cifre delle targhe automobilistiche irlandesi riportano l'anno d'acquisto ed è facile notare come la maggior parte dei veicoli circolanti siano stati acquistati in tempi recenti. inoltre, mentre le targhe degli anni novanta sembrano appartenere quasi solo a piccole utilitarie giapponesi come la gloriosa toyota starlet o la nissan “maicra”, i modelli più recenti sono solitamente suv o berline imponenti, dotate di tutti gli optional disponibili.

inoltre gli irlandesi, come noi italiani, tendono a comprare casa appena possono. le case, di qualità solitamente infima in quanto costruite con la foga di chi non vuole perdersi la sua fetta di età dell'oro, raggiungono costi al limite del grottesco. così capita che una casetta gigiastra di due piani per quattro finestre, posta poco fuori dal centro di galway, su una strada trafficata e di fronte ad un supermercato, raggiunga il mezzo milione di euro.

questa casa qualcuno l'ha comprata, quindi a quanto pare i soldi non mancano. vero, ma è vero anche che è tradizione spendere tutto quello che si guadagna e ancora di più. la ricchezza viene presentata come un diritto e se non si può godere del diritto alla ricchezza, allora ci si sente giustificati a contrarre debiti. pare che qualcuno abbia detto che “finché ci sono soldi, vale la pena spenderli, non si sa mai che un giorno finiscano”.

due delle caratteristiche della mentalità irlandese sono l'ottimismo e la tendenza a non concentrarsi sul futuro, perché comunque vadano le cose “you'll be fine”. ma forse un po' di ottimismo farebbe bene anche quaggiù?

trovare lavoro è comunque molto facile nei settori specializzati. ingegneri, medici, docenti universitari e dirigenti, anche senza esperienza, hanno ottime possibilità di crescita professionale.

j, laureato in informatica, mi ha raccontato di una malattia agli occhi che gli impedisce di lavorare al computer. ha così cominciato da zero come operaio in un cantiere, per poi progredire fino a diventare ingegnere edile, senza laurea in ingegneria. ora j partecipa al progetto del nuovo stadio di limerick.

probabilmente, la ragione principale di questa richiesta di personale qualificato è il basso livello del sistema educativo.

f, un amico che insegna all'università di limerick mi ha raccontato di studenti al secondo anno di ingegneria che sono rimasti spiazzati di fronte alla parola logaritmo. una sedicenne del mio paese, in irlanda per uno scambio scolastico, mi ha parlato di lezioni troppo semplici, anche per chi non conosce bene l'inglese.

più ancora dello stato, sembrano essere le famiglie a non investire nei figli. i bambini irlandesi crescono liberi e in gruppo, come il paddy clarke di roddy doyle. l'assenza delle famiglie è subito evidente per gli stranieri, colpiti per prima cosa da abitudini come sputare per strada, parlare mentre si sbadiglia (o almeno emettere un verso straziato per colmare il silenzio), tirare su col naso e mangiare a bocca aperta.

questa carenza di attenzione verso il singolo è compensata da una maggiore attenzione posta sulla dimensione comunitaria. l'irlandese vive in gruppo, è fedele agli amici più che alla famiglia e ha una grande abilità nell'attaccare discorso con gli sconosciuti.

in realtà il gruppo è l'unica salvezza in un mondo fatto di scarsità di stimoli, passività e poca lungimiranza, uniti al disordine e al degrado che si vive al di fuori dei pub e delle zone turistiche.

purtroppo questa dimensione sociale trova il suo apice nella vera passione nazionale: non la birra o il whiskey, ma il bere. bere per essere ancora più sciolti, bere spesso come costrizione, perché o bevono tutti o non beve nessuno, e la seconda non è un'opzione. gli irlandesi parlano di bere con passione e complicità. tutte le sciocchezze fatte o dette in stato di ebbrezza vengono perdonate. l'ubriacatura è sociale e democratica. alle feste aziendali bere è una specie di obbligo sociale, incoraggiato da chi occupa le posizioni più alte della gerarchia.

il problema è l'altra faccia dell'ebbrezza, costituita dai racconti di violenza, spesso in famiglia e contro le donne, che ogni settimana occupano le prime pagine del galway advertiser.

anche il lavoro viene vissuto con un misto fra rilassatezza e sufficienza. gli impiegati tendono a non rimanere a lungo in azienda e spesso lasciano non appena hanno guadagnato quanto basta per permettersi uno sfizio, solitamente un lungo viaggio in un paese esotico, confidando nella facilità di trovare un altro impiego al ritorno. nella mia azienda di circa sessanta impiegati, fondata vent'anni fa, il primo caso di pensionamento sta creando non pochi grattacapi a chi gestisce il personale. per la cronaca, l'impiegato in attesa di pensionamento non è irlandese.

fare carriera è semplice, ma spesso si intuisce che il motivo principale è la mancanza di competizione. l'irlandese tende a preferire una vita tranquilla allo stress di un impiego di responsabilità. ma spesso mi trovo a chiedermi se questo non sia in realtà l'atteggiamento migliore.

per chi non ha bisogno di una vita tranquilla però, passività, ignoranza, disordine e mancanza di stimoli e lungimiranza costituiscono il contraltare a stipendi alti e ottime possibilità di far carriera.

italia o irlanda? personalmente sto cercando una terza via.

consiglierei un paio di anni in irlanda per qualsiasi neolaureato in cerca di esperienza per arricchire il civvì. pochi però decidono di restare più a lungo, almeno sulla costa occidentale. dublino è più europea, ma non ha molto in comune con la vera irlanda.

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