Ecco, io, che mi lamentavo sempre di non riuscire a godermi
le piccole cose belle, mi è bastato sforzarmi mezza giornata e buttarne giù
cinque su ste righe del pixel, e ora ne trovo ovunque.
L’ultima è sta cosa qui che mi capita in campagna. Sono tre
giorni che, potendo scegliere, invece di raccogliere alle basse, che sarebbe
più facile e meccanico, scelgo di salire sulla scala.
Il perché me lo chiedo, ma poi neanche tanto. Perché già
avevo notato quanto è bello stare in alto, guardare da sopra la geometria delle
siepi che sono i filari di meli, Sentire il fondo della Valle, il fiume e il
ponte, la mensola con tutti i paesi e dietro le montagne che salgono veloci. Da
qui si vede casa dei miei dall’altra parte della valle, e ancora meglio la casa
del GiGi G., appena ridipinta di un rosso che ricorda i cartelli degli sconti
al supermercato, quelli scritti a penna fosforescente su cartoncino
fosforescente.
E poi mi ricorda quei sogni che facevo in serie, per un
periodo. Facevo un passo e saltavo altissimo, volavo quasi. Bastava aprire le
braccia e nel sogno mi chiedevo come avevo fatto a non pensare prima ad una
cosa così ovvia. Poi mi alzavo e stavo bene, come se avessi volato davvero.
Intanto sono le quattro. Guardo le mele e smetto di pensare,
che è l’unico modo per fare sì che queste 9 ore di lavoro passino. Ecco cosa
conta davvero.
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