Siamo incagliati
da una settimana ad Alice Springs. Non è malaccio. Giusto che non c’è verso di
trovare un lavoretto per un paio di mesi. Ho distribuito curriculum in tutti i
negozi, hotel, ristoranti, caffè, bar. Ho telefonato a tutte le aziende edili e
varcato i cancelli di tutti i capannoni della zona industriale. Sono stato due
volte fino all’aeroporto E gli australi hanno il dono dell’empatia, sempre
pronti ad aiutarti e darti un consiglio. Ma un lavoro no, quello proprio non si
trova.
Che poi non è vero,
perché uno lo avremmo trovato, e non uno qualsiasi. Parlo del lavoro che
desidero da sempre, con uno stipendio quasi grottesco, e c’è una signora che
continua a chiamarci, insistere perché lo accettiamo. Tutto questo solo perché
parliamo italiano e francese, e tedesco come seconda lingua, e abbiamo entrambi
esperienza come guide turistiche. In pratica si tratterebbe di accompagnare
turisti europei in giro per l’Australia, in posti sempre diversi, per un
massimo di un mese alla volta.
Senza averci
ancora visti in faccia, la signora ci offre la famosa sponsorship che permette
di lavorare qui senza restrizioni o visti. Una specie di araba fenice per cui
molti sarebbero pronti a dare magari non la vita, ma almeno la virtù delle
proprie carni.
E noi abbiamo rifiutato.
Perché ci manca l’Europa. Una cosa che se in Europa ci vivi non riesci a capire, ma
è un sentimento che cresce col tempo e non sembra essere incompatibile con
quanto ci piaccia sta terra selvaggia dove l’area coperta dalla rete telefonica
è molto inferiore a quella pascolata dai canguri. Perché nel Vecchio Continente
abbiamo tutte le nostre lingue e le nostre particolarità, ma abbiamo in comune
quella vecchiaia interiore, quello spirito che ci fa essere rognosi come gli
umarell, ma anche un po’ più saggi dei giovinastri. E a volte dimentichiamo che
in questo mondo di giovani lanciatissimi, tocca ai vecchi portare l’esperienza necessaria
per evitare che gli eccessi di entusiasmo portino ad esiti imprevedibili.