Alla fine,
accamparsi lungo la strada è più bello che fermarsi nei campeggi. Un po’ alla
volta si impara ad arrangiarsi: si scopre che non è che se non ci si lava per
un paio di giorni si puzza, si impara a cucinare riso e salse indiane sul fuoco
– o sul fornelletto da campo – e a coprirsi abbastanza da poter dormire sotto
zero. E il tutto, ci tengo a dirlo, senza ideologie o atteggiamento da figli
floreali: giusto per il gusto di girare.
Soprattutto, si
scopre cosa conta davvero. Per esempio, contano i cessi. Perché quando ci si
ferma è bello che ce ne sia uno. Non fa differenza che sia una scatola di assi
di legno con un buco aperto sugli inferi o un vero gabinetto, con lo sciacquone
e l’acqua che esce. Rimane sempre il primo dei lussi.
E poi nei cessi,
quando è buio, fa freddo e tira vento, ti ci puoi chiudere a leggere un libro,
oppure portarti il fornelletto e farti un tè.
Certo, è ancora
più bello quando c’è anche un lavandino, anche se l’acqua calda non è mai
contemplata. Poter lavare i piatti, o lavarsi collo e ascelle, sono piaceri che
quando avevo un bagno non capivo. Ma il meglio è quando il lavandino è nel
cubicolo del cesso: ci si può chiudere a chiave e con una bacinella farsi una
doccia. La doccia è il più sublime di tutti i piaceri. .
E se vuoi una
doccia vera ti conviene cercare sulle spiagge, oppure concederti un’ora in
piscina, ma sembra quasi di barare, perché tutte ste cose non si fanno mica per
risparmiare due dollari, o per essere radicali. Diventa quasi un gioco, scoprire
a che cosa riesci a rinunciare. Ma senza perdere di vista il decoro, che non c’hai
mica più vent’anni.
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