
L’unico fastidio è di
carattere organizzativo, come quando esci a caselli sperduti per cercare il
passeggero e mentre cerchi il piazzale della stazione dove dovete trovarvi –
che è sbarrato causa lavori in corso – lui ha cominciato a telefonarti, perché
sei in ritardo di 2 minuti ed è terrorizzato che la tua non sia che una
fregatura. Solo che tu sei in macchina e non è che gli puoi rispondere. Comunque alla fine tutto bene, tanto sollievo su ambo i fronti, si fa il pieno
e si parte.
Così la volta dopo, per evitare che la situazione si ripeta,
al prossimo gli dici che si arrangi a raggiungerti. E Johann, voce svaccata, visibilmente in balia dei fumi del fumo, al telefono ti risponde di
star tranzollo che ci pensa lui. E tu il giorno dopo te lo trovi al casello sudato
e con le gote rosse, che gli fanno la pelle più scura dei capelli biondo crauto,
lui reduce da quindici chilometri a piedi, con uno zainone da viaggio e quattro
borse. Però lui è preso bene e ha un sorriso
positivo, non solo all’antidoping.
Poi c’è Antoine, che
è vestito tutto perbenino, appena uscito dal suo lavoro perbenino. Cominciamo
a discorrere cercando anche noi di mantenerci sul registro del perbenino. Poi
scopri che nella vita fuori dal lavoro Antoine è un metallaro impenitente e
così anche il tono del discorso si rilassa, che un metallaro può essere
perbenino finché vuoi tu, ma di sicuro almeno in segreto preferisce il male.
E poi naturalmente
c’è Elvis. O meglio, il passaggio lo prenota un tale Benjamin, che però ci
rivela che non è per lui, ma per suo nipote ventunenne. Elvis, appunto.
Passiamo due giorni ad immaginarcelo, Elvis. Ciuffo e giacca a frange. Invece
poi quando lo vedi, Elvis potrebbe venire sì da Memphis, ma da quella originale,
in Egitto. È vestito da rapper, ha un grigno duro e una pettinatura talmente da
calciatore che lo convocheresti in nazionale sulla fiducia. Il motivo per cui
non ha prenotato lui stesso è subito ovvio: è impossibile che sia maggiorenne.
Ma se non ci rapina, a noi che ce ne frega dell’età? E che non ci rapinerà è
subito evidente. Al di là della lattina di beverone energetico in una mano,
della sigaretta che pende dall’altra e dello scorpione incazzato tatuato sul
braccio precocemente anabolizzato, Elvis è un ragazzo come non ne fanno più da
un pezzo. Educato, attento e gentile, ci dà del lei, chiede per favore e
ringrazia. Quando lo lasciamo là, alla stazione di Carcassonne, mentre la sua
sagoma da bambino muscoloso si allontana verso un tramonto ormai avanzato, a
mezza voce dico buona fortuna Elvis.
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