lunedì 10 settembre 2012

Per musei


Se tu entrassi in un museo di arte contemporanea, ad esempio la Galleria di Arte Moderna di Brisbane, giusto per dirne una. Magari sei uno che a musei ci va spesso, che si mette in ghingheri per non stonare con le opere in mostra.

Metti che arrivi in una sala dove si parla di riti e religione. Ci sono scudi aborigeni e maschere della Nuova Guinea, tempietti indù con le rotelle e moai dell’Isola di Pasqua con orecchie da coniglio. Tradizioni intatte o dissacrate, tutte opere di artisti etnici, che vengono da posti etnici, compreso lo svizzero delle orecchie da coniglio – forse. E in mezzo alla sala c’è un tavolo di legno dell’Ikea con quattro baldi giovani che mangiano roba tailandese. Come reagiresti?

Butteresti là un occhio, ma con nonchalance, che spesso non stupirsi davanti all’arte moderna è il passo più vicino al capirla. Poi faresti un giro largo, concentrandoti sulle opere più lontane dal banchetto fuori luogo. Te lo dico perché sono uno che osserva. E a quel tavolo ci sedevo an ch’io.

È successo che una curatrice sorridente (in Australia anche le curatrici delle mostre sorridono, se non altro perché qui tirarsela vuol dire essere esclusi dalla società) ha avvicinato Lilù mentre studiava il tavolo di legno vuoto e le ha chiesto se le andava di mangiare thai a sbafo. Pare che l’evento si ripeta ogni venerdì alle 12.30 per quattro fortunati pescati in galleria.

È un’installazione/evento  di un artista tailandese, “gentilmente donata dall’autore”. Il messaggio è qualcosa a proposito di ospitalità e altri dettagli non ne conosco, che dovevo assicurarmi che gli altri non mi fregassero il curry da sotto il naso. Alla fine non ho neanche fatto in tempo a chiedere se è l’artista che paga il take away.

1 commento:

Anonimo ha detto...

grande :)