venerdì 9 aprile 2010

Case bianche squadrate

Consideravo, mentre pedalavo, che oggidì per starci veramente dentro bisogna farsi vedere distanti, freddi, come i rappisti criminali o quelli che si comprano il Cayenne.

Considerazione che parte dall’architettura, anzi, dalla geologia, perché per studiare i cambiamenti nel corso della storia si studia la geologia. Ma la geologia va bene solo per tempi più allungati. Per la storia più recente, quella degli esseri umani, quella sociale, c’è l’architettura, che poi altro non è che la modellazione degli elementi geologici da parte dell’uomo.

È che un anno fa, quando abitavo a Zuid, c’era una casa in costruzione che vedevo ogni mattina pedalando, bianca, fredda, con cortiletto asfaltato e Porschcayenne nero parcheggiato sempre all’ingresso. Poi ho cambiato lato, dopo il trasloco a Diemen sono passato all’altra sponda. La casa non era ancora finita, ma ho assistito alla rapida crescita di un'altra praticamete identica: quadrata, bianca, Porschcayenne nero davanti all'ingresso. Giardino completamente acciottolato, siepe e alberi trapiantati, terrazzo sulla parte posteriore, lontano dal fiume, ma con vista sull'autostrada, interni perfettamente visibili di notte, non un oggetto, un soprammobile, un libro. Solo freddo, anche attorno al camino. Lusso e freddo. Troppa serietà.

Ora torno sull’altro versante. La prima casa bianca è finita, c’è una piscina affondata nell’asfalto del piazzale, ben in vista dalla strada. Sopra le finestre hanno issato tendine da esterni. Grigie, come le scaglie di tegola plastificata sul tetto. Il Cayenne è sempre là. Sembra una casa di plastica, con la plasticità della pietra. Qualche chilometro più in là ne hanno costruita un’altra. Devono avere uno stampo, da riempire di materiali di costruzione e infornare come le torte. Breve cottura e la casa è fatta. Ingegnere, occhio che non lieviti troppo. Bianca anche lei, con la sua siepe d’ordinanza: manca solo il Cayenne, ma in compenso hanno una Bentley. Nera, savasansdir.

Tutte ste linee rette, sta serietà e sto rigore marziale, l’impressione è che i nuovi ricchi si prendano un sacco sul serio.
Pensi che in fondo fa ridere, è tenero vedere la gente che si prende sul serio, inconscia del fatto che gli altri magari gli ridono alle spalle.

Poi se ne parla, della casa bianca, non sei neanche tu ad introdurre l’argomento, ma il tuo capo, durante una riunione. All’inizio è una conferma, tutti si fanno delle grandi risate alle spalle del poveraccio che si fa costruire la piscina rialzata, in modo che la si possa ammirare dalla strada. Poi lo guardi in faccia, il capo, negli occhi noti quel bagliore che nei fumetti indica l’invidia.

Allora forse hanno ragione i nuovi ricchi. Magari la gente gli ride alle spalle – quello sì – ma in fondo li invidia. E se uno invidia qualcuno, significa che vorrebbe essere nei suoi panni. Uno invidia il collega che prende cinquemila euro al mese per darti da fare quello che dovrebbe fare lui, mentre lui aggiorna la sua pagina su Facebook, per il semplice motivo che anche lui vorrebbe guadagnare lo stesso per fare lo stesso. Quindi uno che invidia chi si è fatto costruire la casa quadrata bianca vorrebbe farsene fare un’altra ancor più bianca e più quadrata.

Solo che non capisco perché si dovrebbe invidiare uno che ha una casa che quando la vedi ti si para automaticamente davanti l’immagine di come deve essere lui: ricco, solo, uno che alle medie deve aver sofferto le forme più contorte di bullismo. American Psycho senza neanche le palle di concedersi gli istinti omicidi. Uno che ti fa pena.

Il più grande male di questa società: troppo potere a chi si prende sul serio.

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