Alla fine non ci
si scappa. Finisce che anche gli atei credono in qualcosa. Come diceva il
saggio di Duluth, che sia il Signoriddio o il Signore delle Tenebre, bisogna
pur servire qualcuno. Scegli tu: l’oroscopo, il Dalai Lama, il presidente del
Milan, gli UFO, la dittatura del proletariato, le profezie dei maya o il
metallo pesante.
In quel paese d’oltralpe
in cui è vietato portare la croce al collo, ma non la collanina con la foglia
di Maria, in cui il velo islamico è proibito, ma la maglietta del PSG non lo è,
la religione è terribilmente passé. Per questo Lilù crede nel Destino. Ma il Destino
non sembra credere in lei.
Prendi la storia
della patente. Il Destino ha deciso che no. A 18 anni la bocciano all’esame
pratico perché usa troppo la frizione, roba che l’istruttore seduto dietro di
lei le dice che lui il papello rosa glielo avrebbe dato di corsa. Da qui
seguono sfighe e congiure, almeno fino a Darwin, Australia. Con mezzo mondo di
distanza dal Destino porco e crudele, veniamo a scoprire che fare la patente in
Australia è facile e costa meno di 100 euro.
Così una mattina
Lilù si iscrive presso la motorizzazione civile del Territorio del Nord. Le
danno un manuale da studiare e la mattina dopo si presenta a sostenere l’esame
teorico. Lo passa al primo colpo, e comunque anche se non ce l’avesse fatta,
avrebbe potuto provarci di nuovo il giorno dopo. La invitano in uno stanzino
con una macchina fotografica digitale, ciiiiiiiiiis, clic e dieci minuti dopo
le consegnano una tessera bianca e ocra, la patente provvisoria del Territorio
del Nord.
Le basta guidare
per sei mesi con a fianco qualcuno che abbia avuto la patente per almeno 10
anni (io) per acquisire il diritto di presentarsi in qualsiasi motorizzazione o
posto di polizia del Territorio del Nord per l’esame pratico.
Seguono lezioni
di guida artigianali che durano migliaia di chilometri perché non c’è verso di trovare una
curva o un incrocio, mentre nel frattempo il Destino si organizza, fa carte e
valige e ci raggiunge. Ora le cose diventano più complicate.
Per prima cosa scopriamo
che prima di poter fare l’esame ad Alice Springs deve risiedere là e cambiare
l’indirizzo sulla patente. Ma questo non è un problema, alla motorizzazione non
chiedono neanche un attestato di residenza e la patente la cambiano gratis e in
10 minuti. Più complicata è la permanenza nel centro dell’Australia. Ci serve
come minimo un lavoro. Lilù lo trova subito, ma io non ce la faccio, anche se
passo due settimane a bussare alle porte di qualsiasi negozio, ufficio e
officina fra il centro, l’aeroporto e il deserto. Così decidiamo di partire,
lasciar perdere la patente, che tanto Lilù non si sente neanche pronta, con
l’alito alcolico del Destino sulle spalle.
Partiamo verso
nord e a Ti Tree ci fermiamo ad una fattoria dove per caso scopriamo che serve
manodopera per potare viti. Cominciamo il giorno dopo, appena in tempo per
terminare il lavoro su quel campo. Ma il capo ha ancora bisogno di noi, a patto
che siamo disposti a spostarci 200 chilometri più a sud, vicino ad Alice
Springs. La parola Patente torna nel nostro vocabolario e Lilù, prima spenta e
giù di morale, torna a sperarci.
Però si dice che
prima di provare l’esame convenga almeno avere una lezione di guida. Così ne
prenotiamo una, nel nostro unico giorno libero, tre giorni prima dell’esame. Si
scopre che Lilù non sa parcheggiare e che comunque, con il freno a mano
guasto,fare la patente a bordo del furgone non è permesso. Mr. Autoscuola ci
propone di affittare la sua macchina, ma Lilù non l’ha mai provata e sa guidare
solo furgoni con motori degni di un trattore d’epoca. Ci consiglia anche di
prenotare un’altra lezione, la sera prima dell’esame.
Solo che proprio
quella mattina il furgone non si avvia e Alice Springs, a 40 chilometri dalla
fattoria, è impossibile da raggiungere. Passiamo tutta la mattina sperando di
scoprire cosa non va e come aggiustarlo. Nel primo pomeriggio scopriamo che il
grande capo, quello che lavora in ufficio perché nei campi ci vanno gli altri,
ha fatto il meccanico per i camion della Parigi - Dakar. Arriva e dopo dieci minuti,
due sigarette e svariate energiche grattate del pacco, comunica il referto
finale: la pompa della benzina è rotta. La smonta e ci fa ascoltare un rumore
simile a quello dei sonagli di gomma per i bambini, che suona come una presa
per il culo. E vedendo la nostra disperazione si offre di prestarci il suo
pickup per andare ad Alice, comprare una nuova pompa e fare la lezione di guida.
Al nostro ritorno, di sera tardi, proverà a montare la pompa per farci almeno
fare l’esame il giorno dopo.
Arriviamo in centro
giusto in tempo per la lezione, ma Lilù non riesce a prendere confidenza con il
cambio vellutato della Honda della scuola guida. L’ultima speranza è che il
capo riesca ad aggiustare la pompa in modo da poterci presentare la mattina
dopo alle 7 per un’altra ora di guida, appena prima dell’esame. E per fortuna,
lottando contro il freddo e l’oscurità, la bestia viene rimessa in condizione
di ruggire.
Quando arriviamo
la mattina per la lezione di guida, il Destino comincia a dare segni di affaticamento.
In poche parole non sa più cosa inventarsi. È vero che l’ultima lezione va così
e così, ma dopo tutte queste peripezie Lilù ha perso ogni ansia o timore: a
questo punto già il fatto di trovarsi alle 9 in punto davanti alla
motorizzazione con in pugno le chiavi della Honda è una grande vittoria.
Mi siedo sul
muretto della motorizzazione e quaranta minuti dopo vedo la Honda rossa che
mette la freccia, parcheggia giusto al limite della striscia bianca e Lilù che
scende trionfante. La guerra è vinta e il Destino, al Signoriddionnipotente,
gli fa una benemerita pippa.