domenica 19 agosto 2012

La patente australiana


Alla fine non ci si scappa. Finisce che anche gli atei credono in qualcosa. Come diceva il saggio di Duluth, che sia il Signoriddio o il Signore delle Tenebre, bisogna pur servire qualcuno. Scegli tu: l’oroscopo, il Dalai Lama, il presidente del Milan, gli UFO, la dittatura del proletariato, le profezie dei maya o il metallo pesante. 

In quel paese d’oltralpe in cui è vietato portare la croce al collo, ma non la collanina con la foglia di Maria, in cui il velo islamico è proibito, ma la maglietta del PSG non lo è, la religione è terribilmente passé. Per questo Lilù crede nel Destino. Ma il Destino non sembra credere in lei.

Prendi la storia della patente. Il Destino ha deciso che no. A 18 anni la bocciano all’esame pratico perché usa troppo la frizione, roba che l’istruttore seduto dietro di lei le dice che lui il papello rosa glielo avrebbe dato di corsa. Da qui seguono sfighe e congiure, almeno fino a Darwin, Australia. Con mezzo mondo di distanza dal Destino porco e crudele, veniamo a scoprire che fare la patente in Australia è facile e costa meno di 100 euro.

Così una mattina Lilù si iscrive presso la motorizzazione civile del Territorio del Nord. Le danno un manuale da studiare e la mattina dopo si presenta a sostenere l’esame teorico. Lo passa al primo colpo, e comunque anche se non ce l’avesse fatta, avrebbe potuto provarci di nuovo il giorno dopo. La invitano in uno stanzino con una macchina fotografica digitale, ciiiiiiiiiis, clic e dieci minuti dopo le consegnano una tessera bianca e ocra, la patente provvisoria del Territorio del Nord.

Le basta guidare per sei mesi con a fianco qualcuno che abbia avuto la patente per almeno 10 anni (io) per acquisire il diritto di presentarsi in qualsiasi motorizzazione o posto di polizia del Territorio del Nord per l’esame pratico.

Seguono lezioni di guida artigianali che durano migliaia di chilometri perché non c’è verso di trovare una curva o un incrocio, mentre nel frattempo il Destino si organizza, fa carte e valige e ci raggiunge. Ora le cose diventano più complicate.

Per prima cosa scopriamo che prima di poter fare l’esame ad Alice Springs deve risiedere là e cambiare l’indirizzo sulla patente. Ma questo non è un problema, alla motorizzazione non chiedono neanche un attestato di residenza e la patente la cambiano gratis e in 10 minuti. Più complicata è la permanenza nel centro dell’Australia. Ci serve come minimo un lavoro. Lilù lo trova subito, ma io non ce la faccio, anche se passo due settimane a bussare alle porte di qualsiasi negozio, ufficio e officina fra il centro, l’aeroporto e il deserto. Così decidiamo di partire, lasciar perdere la patente, che tanto Lilù non si sente neanche pronta, con l’alito alcolico del Destino sulle spalle. 

Partiamo verso nord e a Ti Tree ci fermiamo ad una fattoria dove per caso scopriamo che serve manodopera per potare viti. Cominciamo il giorno dopo, appena in tempo per terminare il lavoro su quel campo. Ma il capo ha ancora bisogno di noi, a patto che siamo disposti a spostarci 200 chilometri più a sud, vicino ad Alice Springs. La parola Patente torna nel nostro vocabolario e Lilù, prima spenta e giù di morale, torna a sperarci.

Però si dice che prima di provare l’esame convenga almeno avere una lezione di guida. Così ne prenotiamo una, nel nostro unico giorno libero, tre giorni prima dell’esame. Si scopre che Lilù non sa parcheggiare e che comunque, con il freno a mano guasto,fare la patente a bordo del furgone non è permesso. Mr. Autoscuola ci propone di affittare la sua macchina, ma Lilù non l’ha mai provata e sa guidare solo furgoni con motori degni di un trattore d’epoca. Ci consiglia anche di prenotare un’altra lezione, la sera prima dell’esame.

Solo che proprio quella mattina il furgone non si avvia e Alice Springs, a 40 chilometri dalla fattoria, è impossibile da raggiungere. Passiamo tutta la mattina sperando di scoprire cosa non va e come aggiustarlo. Nel primo pomeriggio scopriamo che il grande capo, quello che lavora in ufficio perché nei campi ci vanno gli altri, ha fatto il meccanico per i camion della Parigi - Dakar. Arriva e dopo dieci minuti, due sigarette e svariate energiche grattate del pacco, comunica il referto finale: la pompa della benzina è rotta. La smonta e ci fa ascoltare un rumore simile a quello dei sonagli di gomma per i bambini, che suona come una presa per il culo. E vedendo la nostra disperazione si offre di prestarci il suo pickup per andare ad Alice, comprare una nuova pompa e fare la lezione di guida. Al nostro ritorno, di sera tardi, proverà a montare la pompa per farci almeno fare l’esame il giorno dopo.

Arriviamo in centro giusto in tempo per la lezione, ma Lilù non riesce a prendere confidenza con il cambio vellutato della Honda della scuola guida. L’ultima speranza è che il capo riesca ad aggiustare la pompa in modo da poterci presentare la mattina dopo alle 7 per un’altra ora di guida, appena prima dell’esame. E per fortuna, lottando contro il freddo e l’oscurità, la bestia viene rimessa in condizione di ruggire.

Quando arriviamo la mattina per la lezione di guida, il Destino comincia a dare segni di affaticamento. In poche parole non sa più cosa inventarsi. È vero che l’ultima lezione va così e così, ma dopo tutte queste peripezie Lilù ha perso ogni ansia o timore: a questo punto già il fatto di trovarsi alle 9 in punto davanti alla motorizzazione con in pugno le chiavi della Honda è una grande vittoria.

Mi siedo sul muretto della motorizzazione e quaranta minuti dopo vedo la Honda rossa che mette la freccia, parcheggia giusto al limite della striscia bianca e Lilù che scende trionfante. La guerra è vinta e il Destino, al Signoriddionnipotente, gli fa una benemerita pippa.

venerdì 3 agosto 2012

Palloni


Gli australiani li riconosci anche da come trattano un pallone da calcio. Abituati alle sottili sfumature di ovalità dei palloni da calcio australiano, rugby normale e rugby league, calciano col piede rigido, a novanta gradi col polpaccio, campanili altissimi che denotano spirito di adattamento in ambienti in cui rotolare è impossibile. 

In Australia anche i palloni si adattano al territorio: terreni ostili, superfici che sono lisce solo quando le leviga il vento. E anche la gente si vanta spesso di essere “rugged”, brulla, come il paese in cui vive. Le cose facili qui non piacciono a nessuno.