martedì 26 febbraio 2013

Fidati!



Io sono uno che si fida della gente. Ho una sola regola: mai fidarti di chi ti dice “fìdati”.

E non parlo di elezioni, parlo di caffè. Il mio amico storico del liceo lavora per una di quelle aziende a struttura piramidale e si vanta di guadagnare diecimila euro al mese. Non è questo che mi stupisce, è la quantità di persone che mi hanno riportato la notizia con l’aria di crederci davvero.


Ieri ho fatto una breve ricerca on-line, per vedere che si diceva dell’azienda in questione, che vende caffè arricchito con un fungo che promette di migliorare la qualità con doti taumaturgiche: elimina il rischio di tachicardia senza eliminare la caffeina. In più disintegra i radicali liberi.


Pare che siano stati in molti a fidarsi dell’opportunità di guadagnare gratis. Ricercare nomeazienda + truffa su Google è una panoramica neorealista sul mondo dell’italiano alfa. Su di un forum dove una ragazza denuncia la truffa del caffè-più, c’è chi per incoraggiarla la compatisce un po’, insulta i truffatori cattivi e subito dopo prova a coinvolgerla in un’altra azienda a struttura piramidale. 


Poi c’è il blog STOP alle truffe, che con parole scelte cautamente consiglia di prendere in seria considerazione questa opportunità e ci rivela che anche se loro non possono fornire i dati del gestore dell’azienda, il signor Mario D. S. lo trovate su Facebook. Per dare un’idea, il blog è pieno di pubblicità tipo casinò online, guadagnare investendo 1 h al giorno e la community del guadagno.


E poi la discussione sul caffè taumaturgico riparte su di unforumpieno di storie ed opinioni. Qualcuno richiede notizie su questa azienda che si sta espandendo a macchia d’olio e che vende caffè con un fungo miracoloso, che dovrebbe risolvere quasi tutte le patologie. C’è chi si affida agli esperti: Qualcuno che “frequenta” spesso l'America o ci vive magari già la conosce, perchè da quel poco che ho capito o mi sono informato sta xxx negli Stati Uniti è molto famosa e il proprietario è uno degli uomini più ricchi d'America. E poi decine di storie di umanità che ricordano i Ragazzi di vita di Pasolini. C’è chi racconta della zia che aveva il contratto a tempo indeterminato e lavorava come segretaria per il direttore di una multinazionale, e ha lasciato tutto per il miraggio di smettere di lavorare, lavorando per un'azienda di santoni del multilevel, con gente che dormiva di notte con le cuffiette con le cassette motivatrici


Va bene, è il forum degli ultrà laziali, gente che non parla né di Klose né di Mussolini, ma solo di raparsi a zero e Doctor Martens. Ma che dire del tipo che lavorava come banchista in un noto bar gelateria notturno, “cornettaro” di via Cavour, il proprietario passava la mattina co lo scooterone (erano i primi modelli), se piava na mazzetta de soldi e andava al mare. Il suddetto proprietario con lo scooterone lo chiama qualche anno dopo e gli chiede se vuole svoltare, diventare ricco, ecc. Lui non ci casca, e fa bene perché ora il proprietario ha perso il bar e fa il banchista lui stesso. Checché significhi “banchista”


Emerge un’Italia di gente che non si fida e gente che si fida, ma alla fine chi si fida è in maggioranza, anche perché l’opportunità di guadagnare senza lavorare è talmente allettante che vale la pena di rischiare. È questo il mito italiano, star bene senza faticare. Perché siamo pigri, perché chi non lo è ha già avuto quattro generazioni di emigranti per decidersi a mollare tutto e partire. 


Anche chi si fa un mazzo così, spesso lo fa per non lavorare. Si comincia con le piccole disonestà e poi si passano giornate ad aggiustare situazioni, accordarsi con gente per sistemare cose e creare altre truffe per ripagare gli interessi richiesti da chi aveva aiutato ad organizzare le prime.


Così la pigrizia e il fidarsi sono legati, e così l’italiano finisce sempre per fidarsi delle persone sbagliate, quelle che propongono i guadagni immediati e le soluzioni semplici ed estreme. 


E ora il collegamento con la politica trovatelo voi.

domenica 17 febbraio 2013

Le elezioni in dieci comodi enunciati

C’è chi dice che se Renzi avesse vinto le primarie, Berluscuori non si sarebbe candidato. Chiedo “Perché?” e non mi sanno mai rispondere.


Qualcuno parla ancora, tuttora, di fascisti e comunisti. Ma vabbè, al cuore non si comanda.


C’è chi “ci vuole una rivoluzione” e non considera che dopo la rivoluzione serve comunque ripartire da qualcuno che non sia corrotto. Altrimenti è come passare lo strofinaccio senza prima aver spazzato la polvere.



C’è chi dice che votare Ingroia è avvantaggiare il Pidielle, altri dicono che è svantaggiare Bersani. Qualcuno lo vota semplicemente per non perdere la reputazione di comunista.

C’è chi "tanto son tutti ladri" e chi gli risponde che a dire così si avvantaggiano i ladri.


C’è chi vuole i giovani. Chiunque purché giovane, va bene anche Robertino, il figlio della Filippa, che è un così caro ragazzo.


C’è chi dice che deve vincere Berluscuori, perché lui è proprio uguale a noi. Come dire che il medico lo dovrebbero fare i malati, o che gli studenti dovrebbero fare gli insegnanti.


C’è chi dice che Ingroia, condivido gli ideali, ma tanto vale votare il Piddì, che sarà sì socialismo slavato, ma almeno le elezioni ha la speranza di vincerle.


C’è chi dice che “Ah, Pannella, un signore” e chi non dice niente. Pannella risponde “O fate come dico io, o mi ammazzo, e poi vedete”.


C’è chi chissà se ora con tutti sti cani e sti gatti, gli animalisti di Facebook votano Empy o Puggy il Carlino. Bersani si faccia almeno mezzo criceto.


Al bar del benzinaio di Mezzocorona, il giorno dopo le elezioni del 2006 c’era un uomo che sbatteva il boccale di birra sul tavolo e urlava “No l’è possibile! G’aven dà l’Italia en man ai comunisti!”. Ora c’è un uomo al tavolo che dice “Mi ghe do el voto al Grillo, ostia”. Ora però beve vino bianco.

mercoledì 13 febbraio 2013

Equilibrio psichico

Sono sovente foriero di pensieri negativi.

Solo negli ultimi due giorni:

· La Littizzetto fa ridere solo perché è brava a dire le parolacce.
· Fazio è intelligente, ma resta sempre sopravvalutato.
· Al Celtic Glasgow non sanno che il cuore e i muscoli sono nulla senza il cervello.
· Più se ne parla, più voti guadagna.
· Ho rivalutato Ratzinger quando ha deciso di togliere il disturbo.
· Erri De Luca a volte scrive cose fini a se stesse.
· Per chiamare un cane Empy o Empatia devi essere in cattiva fede.
· G. deve aver litigato con A., per aver postato in favore della vivisezione su Facebook.
· E comunque dovrebbero bloccare i social network ad animalisti e vegani
· Ma davvero i Ricchi e Poveri dovevano essere ospiti a Sanremo?

Eppure non sono malmostoso. Sto bene. Sì, bene. Strana cosa, l’equilibrio psichico, a volte.

martedì 5 febbraio 2013

Ciaspole

 “Ciaspole” è l’unica parola del mio dialetto che è riuscita ad entrare nel dizionario italiano. Credo.


Da quando esiste la Ciaspolada, nella Valley of Don’t tutti hanno un paio di ciaspole nella caneva: quando nevica le foreste sono piene di impronte taglia 87, quelle che potrebbe aver lasciato l’Orso con gli stivali, o più probabilmente un ciaspolaro. Anch’io ogni tanto infilo le scarpe nelle pattìne chiodate e scarpino fino a cime che discenderò poi a salti fra la neve alta. In effetti è in discesa che le ciaspole danno il massimo della soddisfazione . 


Giorni fa ho partecipato ad una ciaspolata in notturna. Alla luce della luna piena, che si rifrangeva sui cristalli grezzi della neve vecchia di giorni con un effetto glitter che neanche al Lido o alla Croisette. Non male: le due soste brulé in un percorso di pochi chilometri hanno fatto sì che si eliminasse il fastidioso effetto competitivo in favore di una situazione di placido sdravacco.

Così la serata è finita al rifugio, a colpi di weizen in una situazione di catarsi alcolica in cui ho avuto modo di scoprire un altro pezzo di storia di quello che è successo qui negli anni in cui sono stato via.


In effetti è la prima volta in molti anni che rimango qui più di un mese ed è come un tuffo nel passato, con nomi che tornano allo scoperto, ma con valori mutati. Scopro che quel ragazzo che a diciotto anni era stato condannato per aver rubato la moto da trial del suo migliore amico ora è sposato. Con una giovincella, lui che quelle con meno di dieci anni più di lui non se le filava neanche. E hanno un bambino, che udite udite non si chiama né Khevin né Brayan. E poi scopro che si sposa anche il buon Andrea. Contento per lui gli chiedo chi è la fortunata. Pare che lei gli abbia detto di conoscermi da quando bazzicavo l’Alta Valle e quando scopro chi è decido che non ha tatto rivelargli che nella mia mente la Luana rimane la sedicenne con i labbroni, dedita alle attività che ci si possono attendere da una che si chiama Luana e ha i labbroni. Tutto questo – è bene chiarirlo – nonostante nessuno di questi attributi sia suo per scelta libera e personale.


La vita nella Valle mi si sta aprendo davanti come quei nuovi sequel di film usciti vent’anni fa, che in un secondo ti cambiano idee e preconcetti sulla gente che credevi saldi e immutabili.


Intanto carico le ciaspole nel bagagliaio della Gippe e scendo in modalità Super G fra strade ghiacciate piene di curve e tornanti, brillo come ai vecchi tempi e penso che se il ladro e la troia cambiano vita, qualcuno in qualche modo dovrà pur sostituirli. Ma per scoprire chi, avrò a disposizione molte altre serate d’ebbrezza montana.