Io, quando sono all’estero, finisce sempre che lego con i
romani. Stavolta, l’amico mio di Roma è uno stimato ingegnere aeronautico che
ha diversi anni più di me. Un anno fa mi ha portato a fare un giro sui Pirenei
con un monomotore e poi ci siamo ritrovati di nuovo a diverse pizze fra
italiani. Ora le pizze ce le facciamo soprattutto in due, campioni di
teorizzazione sui massimi sistemi, a volte al massimo con la moderazione
dell’altro amico nostro, quello di Belgrado.
Girare con l’amico mio di Roma mi ha aperto le porte di un
nuovo ambito della vita, quello dei quarantenni single. La conclusione è che se sei un quarantenne single rimorchi che è
una meraviglia.
Tante sono infatti le controparti femminili del quarantenne
single, diverse di loro disilluse, impazienti o motivate quanto basta per
accettare di sobbarcarsi di buon grado il passo dell’approccio col maschio.
La prima era una
bella donna, che ci aveva intrattenuti sulle sue considerazioni filosofiche
sul fatto di essere in ritardo per diventare madre e sul divertimento che se ne
può riscuotere dalla vita come risarcimento. Io osservavo sociologicamente e
facevo la mia parte per aiutare l’amico mio de Roma, che però aveva presto
liquidato madame come rea d’eccessivo inebriamento.
La seconda era
un’insegnante di francese, un po’ meno bella, ma di maniere più garbate.
Noi però stavamo per annaccene e appena virati sull’argomento della politica
italiana non ci eravamo sentiti pronti a sostenere il peso della tematica.
La terza era
simpatica. Un tipo. Insomma, nun se poteva guardà. L’amico mio de Roma m’ha
rivelato più tardi che quando una è simpatica, poi ti dispiace darle un
dispiacere. Allora meglio telare subito.
Tutte queste signore, e non solo loro, mi hanno dato modo di
arricchire le mie osservazioni su come si trattano gli stranieri in Francia.
Perché qui capita che molti di quelli che noi italiche genti chiameremmo stranieri sono nati in città. E comunque
è convenzione che anche agli altri, quelli come me e l’amico mio di Roma, devi
sempre cercare di non farli sentire stranieri.
Così, quando nel più diretto dei casi ci si chiede di che
origine siamo, tocca a noi scegliere di non rispondere italiana, ma siamo italiani.
Spesso però nella domanda si cercano formulazioni ancor meno dirette, come
appunto nel caso della summenzionata Terza (quella che nun se poteva guardà,
come forse ricorderete), che ci ha balbettato intorno per un po’, per poi chiederci
semplicemente voi siete nati in questa
città?
A noi sarebbe venuto automatico dirle: ecche, nun se vede? Però poi un po’ ci devi pensare, che in quanto
straniero, prima di liquidare un locale come bizzarro, ti devi chiedere almeno
se il bizzarro non sei per caso tu. Allora se ci pensi un po’ ti accorgi che quando
leggi i titoli di coda di un film francese, ti accorgi che meno della metà dei
cognomi sono d’origine locale. Il fatto è che con buona probabilità, gli El
Hamdaoui, i Krajczek e i Ciccolelli, cosi come i Belmondo, i Michalak, i Zidane
e i Sarkozy, in questo paese ci sono nati.
Rischi di farci la
figura di quel pescarese che avevo conosciuto tempo fa a una serata, che
dopo aver chiesto a una bella ragazza arabeggiante da dove venisse, e averla
sentita rispondere che i suoi genitori erano d’origine tunisina, aveva
cominciato a parlare delle sue vacanze a Djerba e di come si fosse trovato bene
con voi tunisini. Halima aveva
ribattuto che può darsi, ma lei in Tunisia non c’era mai stata.
Magari a noi sembra ipocrita, ma se ci pensi bene, se la
gente continua a chiederti di che nazionalità sei quando ti trovi a casa tua,
poi al momento di cantare l’inno nazionale qualche dubbio ti viene. E da qui ad
Al-Baghdadi il passo è più breve di quanto sembri.