sabato 27 aprile 2013

boiaaaaaaaaaataaaaaa



Ecco, io vi volevo parlare di David Foster Wallace. Perché sono un po’ in ansia, ora che sto per leggere il suo Infinite Jest. Un capolavoro, dicono tutti, da Dave Eggers a Matteo Caccia su Radio 24. Quindi mi fido.


Invece finisce che vi parlo di Jonathan Lethem. Perché la causa della mia ansia è lui. Un’ansia che mi prende ogni volta che comincio a leggere un libro, amplificata nel caso di Infinite Jest per 1079 pagine, incluse le quasi cento pagine di note dell’autore.


Avrei dovuto parlarlne prima, dello Shock di Lethem, perché è un fenomeno che mi ha segnato. Ho letto The Fortress of Solitude in Irlanda, d’autunno. Saranno state le condizioni meteo, sarà stato che nell’appartamento in cui l’ho letto stava lentamente marcendo un pesce, inosservato sotto la massa di rifiuti che nessuno portava mai via dalla cucina, il fatto è che quel libro è riuscito ad uccidermi il morale. 

Risultato non da poco, per un libro che non è neanche particolarmente triste. È semplicemente la storia dell’amicizia fra un ragazzo bianco e uno nero. Il problema è che il ragazzo nero ad un certo punto trova un anello e diventa un supereroe. A quel punto i miei polmoni si contraggono di scatto per espellere una violenta massa d'aria, che passa attraverso la glottide, facendo vibrare le corde vocali, e fa pressione contro le labbra, che esplodono modulando la B di un terremotico boiaaaaaaaaaataaaaaa!

Quel giorno ho scoperto le mie radici europee, ancora in parte libere dal dualismo fra bene e male dei supereroi Marvel. Giuro che non esagero, sono fatto così.


Ma basta che un libro sia una boiata, per buttarti giù di morale? No, ci vuole che sia anche triste, e La fortezza della solitudine non lo è. Un po', ma non particolarmente. Il giorno in cui scoprirò le ragioni dello Shock di Lethem, riuscirò a debellarlo. Non ricordo bene cosa ho letto, subito dopo The Fortress of Solitude, mi ricordo solo che già alla prima pagina ho provato un immotivato senso di sollievo.


A proposito, non credo di avere il metro di giudizio né il diritto di giudicare questo libro una boiata, ma lasciate che per una volta mi prenda la libertà di giudicare superficialmente, perché mentre il mio cervello dice che ne sai tu per giudicare?, la mia pelle, il mio cuore, i miei polmoni, glottide, labbra, continuano in quell’ingiustificato quanto liberatorio boiaaaaaaaaaataaaaaa!

venerdì 19 aprile 2013

Erasmi



C’eravamo tutti, ed era il luglio del 2003. Tomas era tornato dalla Svezia per l’occasione. Anche se il suo Erasmus era finito da tre mesi, non poteva perdersi la festa d’addio. 


Garghy era stato finalmente assalito da Carmen, la spagnola con le tette grosse, e aveva resistito stoicamente al suo morbido attacco perché sapeva di rischiare di affezionarsi. E affezionarsi l'ultima sera è da scemi. La Marghe per una volta aveva buttato giù mezzo bicchiere e teneva banco con più vigore del solito, mentre Lilaria, dopo un anno a respingere attacchi da tutta Europa, aveva finalmente ceduto. Ad uno a caso, si sarebbe detto, quel portoghese che chissà come si chiamava, fatto sta che era ridotto parecchio male e che mentre loro passavano la serata chiusi in bagno, la gente fuori dibatteva se era un uomo fortunato, o semplicemente un poveraccio che stava sboccando con l’assistenza di un'infermiera d’eccezione


Fuori dal bagno però, nella sala alla base del Rakete di Deutzer Ring, sul lato ovest del Reno, vinceva la tesi della fortuna, perché la gelosia sbilancia verso il peggio, almeno a giudicare dalle facce di Philipp, Maurer e dello stesso Tomas, che in fondo se era qui era un po’ per noi, ma soprattutto per lei.


Io no. Io ci avevo già provato mesi prima e non era andata bene, ma in Erasmus si fa presto a voltare pagina. Io quella sera avevo puntato Anna-Australia, che aveva prevenuto l’approccio con un sorriso e poi era sparita di colpo, da sola, senza salutare né me, né gli altri. 



Ma non è dal tragico finale che abbiamo ricominciato, lo scorso fine settimana, a Roma. È da quello che siamo ora, dalla pancetta di Garghy , e dai capelli che si è lasciato crescere, ora che noi abbiamo dovuto tagliare i nostri per scoloramento e defezione. O dai suoi orari lavorativi da metalmeccanico di Guangdong, che stonano con la sua passione per le cose belle che ti migliorano la vita.


Nei dieci anni che sono passati, Tomas ha superato diverse vicende tormentate, tra le quali una a base di sesso e intercettazioni, che lo ha portato sulle prime pagine dei giornali svedesi, mentre noi amici stranieri non capivamo come mai i suoi contatti su Facebook aumentavano di cento al giorno. Ma ha reagito con calma stoica. Ha vinto il caso che per un po’ lo ha reso famoso in patria e poi si è ripreso anche dalla storia con la tipa che lo ha abbandonato il giorno dopo che lui aveva lasciato il lavoro per andare a vivere nella sua città. 


Ora si è appena sposato, senza dire niente a nessuno. I suoi trascorsi devono avergli insegnato la cautela. Lui dice di averlo fatto per ottenere il visto per emigrare in Sudafrica, dove la sua mevrouw olandese ha trovato lavoro per i prossimi tre anni. Rispetto a Colonia, è migliorato nel gusto nel vestire, conseguenza naturale del suo contatto con il mondo femminile.


La Marghe è rimasta identica. In lei il cambiamento più grande è stato che la Fiorentina è tornata in Serie A. Beata lei.


E Lilaria è sempre bella come l’abbiamo lasciata, si arriccia ancora il boccolo in basso a destra, anche se ora si stira i capelli. Si vede con un chitarrista di flamenco che si chiama Pedro ma viene da Cecina. Ha anche un romantico stalker, che la chiama diverse volte durante la nostra due giorni romana. Sul lavoro è altrettanto avventurosa.


Sento un calore, mentre camminiamo nel parco di Villa Borghese, che non è solo la primavera. Ad una famiglia vera, se non la vedi da dieci anni ti ci devi abituare. Con gli erasmi invece bastano due parole e una mezza allusione, e si ricomincia subito a prendersi per il culo come in quell’anno di spensierato candore.

domenica 7 aprile 2013

Arbitro!


Guardare una partita di calcio con mio padre può rivelarsi un’esperienza piuttosto impegnativa. Ore e mezzo di tensione che, da quando c’è Sky in casa, si ripetono molto di frequente.

Mio padre, più che di calcio, si interessa di arbitri. Li conosce tutti, dal signor Banti di Livorno a Valeri di Roma 2. Sa se fischiano o lasciano correre, se hanno il cartellino facile e per quale squadra tifano. Sa che i belgi ce l’hanno con le squadre italiane e che gli inglesi lasciano andare perché sono abituati al gioco fisico.

Mio padre tiene il volume bassissimo, perché in ogni caso l’unica cosa che si sente è lui che commenta falli e fuorigioco. Sapevo che in Italia siamo tutti allenatori, non penso che lui sia l’unico che si identifica con gli arbitri.

Intendiamoci, mio padre non è un forsennato da stadio, ed  è anche abbastanza imparziale, perché a volte i rigori virtuali li vede anche contro di noi. È solo molto bravo a convincersi di quello che pensa.

Io invece riconosco la mia ignoranza in termini di falli. Non ho mai capito il confine fra l’intervento pulito e la falciata, o meglio, l’idea che mi sono fatto è che anche se il difensore vuole fare un intervento pulito e per sbaglio colpisce una gamba, quello è fallo. O così mi sembra.

Per questo, di solito mi fido dell’arbitro o almeno dei due commentatori, che si presume ne sappiano più di me.

Qualche volta glielo dico: “Papà, lo so che Bergomi è interista, ma se sia lui che Caressa dicono che non è rigore, se nemmeno i giocatori si lamentano del rigore non dato, probabilmente significa che il rigore non c’era”.

Mio padre valuta la sua opinione più di quella degli esperti. E ho notato che questo attaggiamento è abbastanza diffuso, almeno qui in Italia, perché in Germania, Irlanda, Olanda e Australia non l’ho mai notato. Non per niente si dice che gli italiani sono tutti allenatori. E qualcuno evidentemente è anche arbitro. Abbiamo tutti sempre un’opinione precisa sulle cose, anche su quelle che non conosciamo. Sappiamo sempre chi convocare in nazionale e se la TAV s’ha da fare o no, forse tranne gli ingegneri e i geologi. Abbiamo tutti una ricetta per la ripresa economica e se al governo ci fossimo noi, avremmo già mandato a casa tutti, azzerato le tasse e inaugurato un periodo d’oro che manco sotto la DC.

Avete mai sentito qualcuno dire: “io non voto perché non me ne intendo?”

Significherebbe rinunciare al proprio ruolo in quello che forma la nostra società, che non è la politica, ma il parlare di politica.

lunedì 1 aprile 2013

Ore di sole



Sono giorni di studio. Osservo mappe, comparo statistiche meteorologiche, studio collegamenti aeroportuali.

Sto cercando di capire dove andrò a finire.

Lilù dice Francia, più Sud che Nord. Io rispondo “va bene”, che un paese nuovo mi fa sempre piacere. L’unica cosa che dispiace è pagare le tasse al nemico, ma se apro partita IVA come traduttore libero, per i primi due anni non pago tasse e gravo sul loro sistema sociale aggratis. Facciamo che è un piano ben articolato di sabotaggio dall’interno.

In coro abbiamo detto "Lione", ma questo succedeva quattro mesi fa, prima che Lilù considerasse tutte le offerte di lavoro in cotal loco, prima di decine di curricoli e lettere d'accompagnamento, prima di un paio di colloqui via Skype e uno faccia a faccia, tutti finiti in varie declinazioni del "mi dispiace"

Così abbiamo deciso di ampliare la ricerca, e stavolta sta a me stabilire i criteri, cosa che vorrei fare secondo accurati metodi scientifici di valutazione geografica. Per ora i requisiti sono i seguenti: popolazione non inferiore a 125.000, non meno di 1750 ore di sole all’anno, collegamenti aeroportuali decenti, tranquillità e sicurezza, con bonus per particolarità storiche o culturali e wild card nel caso uno solo dei criteri non sia soddisfatto. 


Ecco la classifica: Lione, Tolosa, Nizza, Bordeaux, Grenoble, Nantes, Montpellier, Tolone/Aix/Arles/Nîmes, Rennes, Perpignan, Tours, Strasburgo.

Ce la farà la nostra eroina a trovare lavoro? Ce la farà il nostro eroe a distaccarsi dalla pax familiare, prima di rimanere invischiato per sempre in un collante di cucina della mamma, bucato profumato e pavimento pulito, libri a volontà e partite su Sky?

Lo scopriremo nei prossimi mesi. Per ora, se volete scoprire almeno qual è l'intruso fra gli animali che lo fanno strano, tornate indietro al settembre del 2009.