mercoledì 13 giugno 2012

Coober Pedy


Dovendo scegliere uno e un solo posto da visitare in Australia, vi manderei tutti a Coober Pedy. Anche se a dire il vero non è che sia facilissimo arrivarci: Adelaide è la città più vicina. Da là si guida per settecento chilometri verso nord, verso il Grande Centro, in una piana di terra compatta, a tratti viola, a tratti arancio. 

Per arrivarci si attraversa l’enorme area proibita di Woomera. Proibita? Passarci attraverso? In effetti la strada non è proibita, ma guai a lasciare i bordi del manto stradale. In realtà non c’è nessuno a castigare i trasgressori, anche perché non è che puoi fucilare uno che accosta per una pisciata. Diciamo piuttosto che la pisciata stessa ci pensa bene prima di manifestarsi, visto che la zona proibita è quella in cui gli inglesi pastrocchiavano con le bombe atomiche. Ancora oggi è meglio evitare Emu Junction, giusto un trecento chilometri ad ovest di Coober Pedy, perché la sabbia che le esplosioni hanno trasformato in vetro di Murano è ancora radioattiva. 

Per chi ha visto “Priscilla: La regina del deserto”, Coober Pedy è il posto dove gli autoctoni cercano di stuprare il/la protagonista. In effetti è vero, i cooberpediani sembrano piuttosto burberi, ma quanto a stuprare qualcuno, beh, mi sembra una cosa un po’ troppo impegnativa per la loro flemma. Diciamo che preferiscono vivere nei loro cortili pieni di pezzi di macchine arrugginiti. E attenzione, non sono le loro case ad avere dei cortili, ma i loro camini.

Coober Pedy è un posto di cortili e camini, perché le case sono sotto terra. L’estate il termometro fa i 50 e d’inverno frena fin sotto lo zero. Sotto terra invece si rimane belli tranquilli fra i 20° e i 24°. E senza umidità, perché qui il tasso di evaporazione supera le precipitazioni. Se poi uno ha la fantasia della signorina Faye, che negli anni Sessanta si è scavata da sola la sua casa sotterranea, in soggiorno ci puoi mettere anche una piscina. Un grande risparmio d’acqua, che all’esterno evaporerebbe troppo in fretta.
Sotto terra si trovano chiese, la libreria, bar, hotel e ristoranti. Scavarsi la propria casa può essere una cosa piuttosto remunerativa. Fra la roccia bianco-arancio-viola ci sono ottime possibilità di trovare opali iridescenti. Che poi è il solo motivo per cui tremila persone hanno deciso di abitarci, a Coober Pedy, la seconda città per grandezza nei 2500 chilometri fra l’estremo Sud e l’estremo Nord. Per farlo basta trasferirsi qui, trovarsi uno spazio di 50 mq che nessuno abbia ancora rivendicato, pagare 45 dollari di diritti e scavarsi un buco di casa, ricordandosi di segnalarne la presenza, perché capita che la gente nelle miniere ci cada e non ce ne esca più, come ci ricordano diversi segnali. 


Spesso per evitare che qualche cadavere sporchi il fondo del proprio buco, i minatori lo circondano con la terra di riporto. E questo è l’indizio principale dell’esistenza di questa città: una pianura piatta punteggiata di cumuli, camini e pezzi di camion vecchi di decenni. Ah, e il relitto di un’astronave di qualche film americano, perché Hollywood a Coober Pedy ci ha visto Marte.
 

venerdì 1 giugno 2012

Lussi


Alla fine, accamparsi lungo la strada è più bello che fermarsi nei campeggi. Un po’ alla volta si impara ad arrangiarsi: si scopre che non è che se non ci si lava per un paio di giorni si puzza, si impara a cucinare riso e salse indiane sul fuoco – o sul fornelletto da campo – e a coprirsi abbastanza da poter dormire sotto zero. E il tutto, ci tengo a dirlo, senza ideologie o atteggiamento da figli floreali: giusto per il gusto di girare.
Soprattutto, si scopre cosa conta davvero. Per esempio, contano i cessi. Perché quando ci si ferma è bello che ce ne sia uno. Non fa differenza che sia una scatola di assi di legno con un buco aperto sugli inferi o un vero gabinetto, con lo sciacquone e l’acqua che esce. Rimane sempre il primo dei lussi.
E poi nei cessi, quando è buio, fa freddo e tira vento, ti ci puoi chiudere a leggere un libro, oppure portarti il fornelletto e farti un tè.
Certo, è ancora più bello quando c’è anche un lavandino, anche se l’acqua calda non è mai contemplata. Poter lavare i piatti, o lavarsi collo e ascelle, sono piaceri che quando avevo un bagno non capivo. Ma il meglio è quando il lavandino è nel cubicolo del cesso: ci si può chiudere a chiave e con una bacinella farsi una doccia. La doccia è il più sublime di tutti i piaceri. .
E se vuoi una doccia vera ti conviene cercare sulle spiagge, oppure concederti un’ora in piscina, ma sembra quasi di barare, perché tutte ste cose non si fanno mica per risparmiare due dollari, o per essere radicali. Diventa quasi un gioco, scoprire a che cosa riesci a rinunciare. Ma senza perdere di vista il decoro, che non c’hai mica più vent’anni.