venerdì 27 novembre 2009

Mai dire mai

“Mai” non si può dire mai. Lo dimostra il fatto che “mai” si può dire. Si può dire ad esempio che nessuno sia mai vissuto millanni. Il fatto che “mai” si possa dire dimostra che non si può mai dire “mai”.

In pratica nulla ha mai valore universale, nulla non accade mai. E perché questo sia vero è necessario che il “mai” non abbia valore universale, che non si verifichi che esso non accada mai.

E tu mi puoi dire che non è vero che nessuno sia mai vissuto millanni. Gesù per esempio, o Gimmorrisson o Carcobein, volendo trovare il pelo nell’uovo, vivono in chi li ricorda. E questo dimostra che è vero che il “mai” è relativo e non si può dire mai, ma anche che non è vero che non si può mai dire “mai”.

C’è questa scena nel libro che leggo.
Sono in guerra, lei va all’obitorio a trovare l’anziano padrone di casa morto di un colpo in testa. E va bene così, è il quadrarsi del cerchio della vita. Poi di fianco a lui vede un bambino, blu come quelli delle chiese. E per lui invece soffre davvero. La sera suo marito torna a casa, anche lui è stato all’obitorio. Sulla soglia calpesta una lumaca, gli dispiace, dice che ormai, in guerra, gli dispiace per tutto.
Poi lei gli chiede se ha visto il bambino. “Quale bambino?” fa lui e si compiace di cazzate, della sigaretta che ha messo nel taschino dell’anziano padrone di casa, per il suo ultimo viaggio, come le rockstar o le rostelle. Si sente bello e maledetto.
E uno capisce che “tutto” non si dice mai, proprio come “mai”, che non è mai corretto.

Poco prima pensavo che un paio di cose ultimamente mi hanno reso immune. Immune a diverse cose, salvo, sterile, ibernato, protetto da tutto.

È stato là, leggendo ste paio di pagine di sto libro che mi piaciucchia sì e no, che ho capito che non si può mai dire “tutto” o “mai”. E sono stato felice, di non essere protetto.

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